Strinsero un accordo generale, mentre i dettagli furono stabiliti ad alti livelli esecutivi nei mesi successivi. Ad esempio, il problema della Romania, in ambito Nato, fu affidato alla Francia.”
     Subito dopo, il 4 dicembre, Ceausescu partecipò a Mosca a un summit dei nuovi capi di governo dei Paesi dell’Europa orientale e fu allora che il dittatore romeno cominciò a capire che la sua sorte era segnata. Scrive ancora Cartianu: “Ceausescu cercava di portare la discussione sui rapporti economici tra Romania e Urss, ma Gorbaciov gli faceva discretamente capire che tutto era finito. A seguito delle insistenze di Ceausescu per programmare un nuovo incontro bilaterale il 9 gennaio 1990, Gorbaciov replicò in maniera a dir poco ambigua: «Speriamo di essere ancora vivi».”
     Ceausescu tornò a Bucarest furibondo. Per dare sfogo alla sua rabbia e ai suoi cupi presentimenti si fece organizzare una battuta di caccia nella foresta di Ogarca, a 40 chilometri dalla capitale. Il 10 dicembre, quattromila fagiani furono liberati nella foresta e sospinti verso la postazione del dittatore che, sparando all’impazzata, ne massacrò in poche ore quasi quattrocento, ma quel feroce exploit venatorio non bastò certo a deviare il corso del suo destino. Questa volta, però, il Cremlino non pensò all’invio dei carri armati, come aveva fatto per soffocare la primavera di Praga nel 1968. Gorbaciov ebbe un’idea assai più raffinata: “L’Unione Sovietica ricorse all’intervento silenzioso dei suoi agenti segreti. D’improvviso la Romania si trasformò nella meta preferita dei turisti sovietici. Secondo le cifre del Ministero dell’Interno il numero dei cittadini dell’Urss entrati ufficialmente in Romania subì un esplosivo incremento. Nel dicembre 1989 fu di 67.530, traguardo assoluto in epoca comunista e per essere nell’ultimo mese dell’anno […] L’intervento sovietico fu preparato attraverso l’attivazione degli agenti che Mosca aveva piazzato in Romania. Costoro, così come i falsi turisti sovietici, avevano due principali missioni: innescare una rivolta popolare e trasformarla in rivoluzione anticeausista, mettendo a frutto l’odio della popolazione verso il regime; imporre un timone comunista “dal volto umano” di tipo gorbacioviano, fedele a Mosca e che mantenesse l’alleanza politico-militare ed economica col blocco comunista.”
     Queste sono le premesse fondamentali della lunga e scrupolosa narrazione di Cartianu, che, ricostruendo gli avvenimenti giorno dopo giorno, culmina nella relazione integrale degli atti del processo-farsa celebrato il 25 dicembre contro i coniugi Ceausescu nei pressi di Targoviste. Capo d’imputazione principale: il “genocidio” di Timisoara. Il dittatore romeno fu accusato di avere ordinato il

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