accorti?
     Apro una delle mie riviste femminili preferite e un servizio sulla salute mi balza all’occhio subito. “Anche il Italia il fenomeno del turismo della procreazione all’estero è in aumento”. Leggo i dati e mi rendo conto che tutto quello che ho osservato, registrato e sentito in questi mesi è tristemente vero. Nel nostro paese sono spaventosamente in aumento i numeri delle coppie, anche molto giovani, che non sono fertili e per concepire sono costrette a ricorrere alle tecniche di fecondazione assistita, con gravi costi per il nostro SSN.
     Secondo i dati riportati sul sito del ISS (Istituto Superiore di Sanità) “al 31 gennaio 2010 i centri in Italia che praticano la fecondazione assistita, iscritti al Registro Nazionale e quindi debitamente autorizzati, sono 349, dei quali il 45% (157) sono pubblici o privati, ma convenzionati in regime di SSN, mentre il restante 55% (192) sono privati. In questi centri sono state trattate circa 59.000 coppie che hanno dato origine a 79.000 cicli di trattamento, dai quali sono stati ottenuti 13.000 gravidanze con percentuali di successo pari all’82%.” Se analizziamo il problema a livello mondiale (la sterilità è un problema che non conosce barriere di razza) si stima che quasi 80 milioni di persone sono sterili (il 10% della popolazione mondiale), percentuale che sale al 20% nei paesi industrializzati quali l’Europa e l’America.
     Considerato che il 55% dei centri in Italia è privato e che nel pubblico le liste di attesa sono bibliche, ecco spiegato il proliferare dei viaggi “della speranza” Oltralpe in paesi quali Francia e Svizzera nell’ottica di “se devo pagare, tanto vale che vado all’estero dove lavorano meglio che in questo Paese”…ma questo è un fenomeno che merita un approfondimento a parte.
     Bisogna fare però una piccola digressione per capirci. Il problema è squisitamente femminile, anche se i casi di infertilità maschile sono in aumento. Mentre il patrimonio genetico dell’uomo, gli spermatozoi per intenderci, è pressoché infinito e anche se viene alterato da patologie o da infezioni basta poco per rigenerarlo (gli uomini sono fertili fino ad età avanzata), per le donne il discorso è diverso. Nasciamo già con un numero predefinito di ovociti (la cellula uovo dalla quale trae origine una nuova vita) ed una volta esauriti non è più possibile ricostruirli, le cellule uovo sono le stesse per tutta la vita e invecchiano con il passare dell’età (atresia). La quantità massima di ovociti (6-7 milioni) è presente nel feto femminile alla 20ma settimana di gestazione, ma già alla nascita la bambina ha subito una grossa perdita di patrimonio genetico, ridotta a 1-2 milioni di ovociti, che diventerà di 35.000 alla pubertà, 25.000 intorno ai 35 anni ed infine di soli 1.000 ovociti all’età di 51 anni (età media dell’esordio della menopausa). Ne consegue che la fertilità subisce un primo graduale calo intorno ai 32 anni e un secondo più rapido declino dopo i 37

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