ed è finita con me e il presidente della commissione che improvvisavamo un boogie. Da lì a quello che ho fatto poi, uscendo dai canoni della classica, posso dire di aver fatto tutto da solo, andando costantemente a cercare la musica, perché non ho trovato una scuola, un giro di amicizie, perché a Bergamo siamo piccole oasi. È stato difficile trovare gente che la pensava come me, che cercava di approfondire la tecnica. Il blues, il jazz li ho imparati da solo, ascoltando dischi, provando, ascoltando, sperimentando, suonando.”
     Quando Davide Rossi è diventato un Musicista con la M maiuscola?
     “Mah! A questa domanda è veramente difficile rispondere… Penso che il tempo dedicato alla musica, i sacrifici, le scelte fatte mi portano oggi a dire che forse lo sono diventato nel momento in cui ho deciso di vivere con lei.” Quindi a 7 anni? “Sai, lì non era vivere, era una gita, un'avventura, perché non sei cosciente. Il musicista con la M maiuscola dipende come lo vuoi vedere, nel senso che per gli altri forse lo sono, anzi sicuramente lo sono, perché sanno che vivo di quello, leggono il mio curriculum, vedono quello che faccio, per me è un'altra cosa davvero, cioè veramente il momento in cui ho scelto di vivere con lei; nel momento in cui ho deciso di dedicarmi a questo sono diventato un musicista con la M maiuscola.”
     Raccontaci della tua esperienza sul palco al fianco dei “grandi” della musica italiana e non solo.
     “Partirei col dire che in quei momenti ho capito che anche io avevo un lavoro. Dopo un viaggio molto interiore mi sono reso conto di essere arrivato in alto e quindi, in quel momento, il mio viaggio artistico, dico sempre che la vita è una gita, si era trasformato in un lavoro. Ho nella mente due o tre flash, quelle diapositive che scatti e poi rimangono nella tua mente. La prima risale alla tournée con Syria; posso dire che è stato il mio primo tour vero e proprio, circondato da tutti quei personaggi (da Pier Paolo Peroni a Claudio Cecchetto a Jovanotti) che ti fanno capire di essere entrato nella casta, nell'elite. Quando sali sul palco per accompagnare un musicista di questo calibro ti rendi conto che è tutto più grande, il palco è veramente grande, non è più il palco su cui suonavi circondato dai tuoi amici da cui ti sentivi protetto; lo strumentista più vicino è a 4 metri da te, quindi sei da solo, senti gli altri attraverso i monitor, davanti a te c'è Syria, che canta e magari l'avevi vista poco prima sul palco di Sanremo, e davanti tanta gente di cui non vedi la fine. In quel momento io ho avuto la sensazione che si fosse fermato il tempo, mentre suonavo, era il mio primo concerto ed eravamo a Monopoli nel 2004. Ecco, quel momento l'ho vissuto come

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