“Per spiegare cosa è successo devo raccontare un episodio: mio padre a quell'epoca era amico di un grande musicista, Franco Ghislandi. Era un nomade, un bergamasco baciato dal talento, aveva moglie e 3 figli, un po' troppo amante del buon vino, però, quando suonava, era qualcosa di incredibile. Io avevo un pianoforte che mio padre aveva barattato con uno dei suoi primi lavori e quello strumento era lì, in casa, e nessuno lo toccava mai. Quando Ghislandi veniva a trovarci si metteva al pianoforte ed io posso dire di aver sentito per la prima volta la vera MUSICA suonata da lui. La sua scomparsa ha lasciato in me questo vago ricordo che io ho vissuto come un messaggio: ‘adesso vai avanti tu’. La frase che meglio lo descrive è: ‘ricordi vaghi di una nobiltà vestita da nomade’. Per me è più eroe lui di chi ce l'ha fatta davvero, era uno che non accettava compromessi.


Mi piacerebbe riascoltarlo oggi, dopo che ho fatto tutto il mio percorso. Da quell'incontro ho capito che il pianoforte riesce a racchiudere veramente la musica, non ha bisogno di niente. Mio padre, vista l'attenzione con cui lo ascoltavo, un giorno mi disse: ‘ti ho iscritto a una scuola di musica (nella quale insegnava Ghislandi), ti ho pagato 4 lezioni, non voglio
importi niente, se ti piacerà continuerai, altrimenti niente’. Ho fatto la prima lezione con Ghislandi, dalla seconda non c'era più… ho proseguito gli studi con Guido Damani, un grande didatta, e da lì non ho più smesso, facendo anche grandi rinunce. A sedici, diciassette anni preferivo passare le domeniche a studiare Chopin piuttosto che andare al lago con gli amici. Suonare il pianoforte mi faceva sentire speciale, era come aprire una finestra e vivere il mondo che avrei voluto io.”
     “Da un punto di vista didattico ho studiato molto la classica, ho fatto tutto il percorso scolastico e ricordo che all'esame del quinto anno al Conservatorio di Mantova fui l'unico promosso su 22 e la commissione disse che gli altri erano stati bocciati perché avevano ‘eseguito’, in me invece avevano sentito ‘il cuore’
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