all’immigrazione clandestina e Berlusconi, attingendo al suo proverbiale e pubblicitario ottimismo, si è detto convinto che i due paesi faranno fronte comune per perseguire i commercianti di esseri umani, anche attraverso la costruzione di un sistema di controllo radar e satellitare sulle frontiere meridionali del Paese. Di certo, cinque miliardi di dollari convincerebbero anche il più recalcitrante detentore del potere ad una sorta di ringraziamento e, nel volgere di qualche tempo, i benefici del protocollo d’intesa potrebbero concretizzarsi nella drastica riduzione di sbarchi a Lampedusa, avamposto nazionale prossimo alle coste nordafricane. Considerando gli interlocutori e l’affidabilità non sempre cristallina di soggetti umorali e avvitati sulle loro contorte e non sempre lineari logiche “contrattuali”, è facile pensare che il problema della clandestinità, con la passiva e cronica complicità di una nazione contraddittoria come quella italiana, possa riproporsi per costringere lo stato finanziatore a mantenere inalterata l’efficacia del patto.
     L’intesa, considerata dall’Esecutivo un grande traguardo, avrebbe però tralasciato di negoziare anche i diritti rivendicati dall’associazione dei rimpatriati dalla Libia, i quali attendono ancora una parte degli indennizzi per i beni sequestrati a suo tempo da Gheddafi e che non sono stati computati per ridurre le pretese libiche, integralmente riconosciute. Tuttavia, si potrebbe pensare che la sottoscrizione dell’intesa abbia in qualche modo ispirato la recentissima decisione del governo libico di impiegare i propri fondi sovrani per accrescere le quote di partecipazione nel gruppo Unicredit, istituto che è stato recentemente ricapitalizzato e che a causa dei movimenti tellurici dei mercati azionari aveva necessità di freschi apporti per arginare le conseguenze di una crisi economica che sta investendo il sistema bancario internazionale.
     In ogni caso, al di là di opinabili valutazioni e divergenze, il risarcimento danni alla Libia nasconde, di fatto, una copertura di affari molto più recenti raggiunti in ambito economico. L’Eni, non poco tempo fa, ha ottenuto, per esempio, il rinnovo delle concessioni per venticinque anni per l’estrazione di gas e petrolio in territorio libico e, guarda caso, proprio l’Eni sembra candidato a farsi carico del progetto per la costruzione dell’autostrada. Da qui nasce spontanea una considerazione, ovvero che se da una parte è un bene che l’Italia mantenga ed alimenti relazioni amichevoli con la Libia dall’altra non debba, però, essere equivocata, quantomeno per coerenza nazionale, la finalità dello stanziamento di una somma così ragguardevole, subito qualificata come risarcimento storico per

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