DANNI DA COLONIALISMO: IL CASO ITALIA - LIBIA
                                  di Pierluigi Piromalli

     Mentre il Paese è oggi avvolto dalle incognite e dai timori della galoppante crisi economica internazionale, la quale sta affliggendo le Borse mondiali prospettando scenari preoccupanti per l’economia globale ormai in fase di recessione, si sono compiuti, oscurati dalla crisi di sistema che richiama l’attenzione dei media, eventi nazionali che, in altro momento, avrebbero sollevato polveroni parlamentari e dibattiti televisivi. Recentemente, il premier Berlusconi ha concluso un’operazione di partenariato e cooperazione tra il governo italiano e quello libico, rappresentato del colonnello Gheddafi, culminato con la sottoscrizione di un vero e proprio protocollo d’affari. L’accordo, per il quale già si intravedono insidie e contraddizioni, prevede che lo Stato Italiano stanzi cinque miliardi di dollari nell’arco di venticinque anni, diluiti in “comode rate” di duecento milioni di dollari l'anno, per finanziare, come da più parti battezzato, il “grande gesto” rivolto a riparare i danni italiani durante il periodo coloniale in territorio libico.
     L’oggetto del finanziamento riguarda la costruzione di un’autostrada che permetterà di collegare la Libia sia alla Tunisia sia all’Egitto, oltre la pianificazione di un piano di infrastrutture e di edilizia abitativa. L’accordo, pur con tutte le valutazioni suggerite da tacite intese, genera non poche perplessità se si pensa che l’Italia è alle prese con problemi interni che riguardano importanti infrastrutture viabilistiche, la cui progettazione, per mancanza di risorse, dovrà essere differita ad altre e non meglio precisate date. Il quadro appare più fosco, pur tenendo conto che le decisioni di politica internazionale viaggiano autonomamente rispetto ai provvedimenti adottati in sede nazionale, se si pensa alle lungaggini per il compimento di importanti arterie viabilistiche, come la Salerno - Reggio Calabria o la TAV limitata alla sola dorsale tirrenica con esclusione, nel breve e medio termine, della direttrice adriatica. Sotto questo profilo riesce difficile comprendere la logica di una decisione che appare viziata, evidentemente, da altre finalità, anche se cinque miliardi di dollari, seppur spalmati in venticinque anni, sarebbero sicuramente stati una manna per il comparto infrastrutturale nazionale, bisognoso di sostegni finanziari per il proprio ammodernamento.
     Visto da dietro le quinte, l’accordo sembrerebbe nascondere una sorta di benefit per ottenere dalla Libia maggiore cooperazione sul fronte del contrasto

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