Poi mi venne proposta la candidatura a Presidente della Provincia, cosa che in un primo momento rifiutai decisamente. Solo dopo diverse insistenze mi decisi a candidarmi ed ora eccomi qui." Una mossa indovinata visto il consenso che i cittadini hanno deciso di accordarle di nuovo, alla fine della legislatura 1999-2004; sorpreso di questo successo? "Non direi," risponde risoluto Bettoni che continua, "ero consapevole di aver lavorato con impegno e passione. Le difficoltà non sono mancate, ma ci siamo impegnati per superarle; credo sia per questo che la gente ha avuto ancora fiducia, che spero di ricambiare nel corso di questi anni." Tuttavia, tra le "alte sfere" non tutto è rose e fiori. In occasione delle
ultime elezioni la Lega si è rifiutata di appoggiarla, costringendola ad una corsa elettorale in solitario. Come mai, secondo lei, questo atteggiamento da parte della Lega? "Innanzitutto credo che si debba distinguere tra i dirigenti del partito e la gente che lo appoggia. Con i primi non sono in sintonia. Mi sento molto più vicino alla sensibilità dei cittadini, alle loro aspirazioni e alle loro richieste. Presentarmi alle

elezioni da solo è stato sì un rischio, ma dovevo essere coerente con i miei principi politici; credo di averne guadagnato in credibilità". Così è stato, evidentemente, visto il successo riscosso.
     Proprio quella gente che ha votato Bettoni lo definisce come un personaggio poco socievole, ma sincero e determinato. Una definizione calzante, secondo il parere dello stesso Presidente, che si reputa "leale, uno che mantiene le promesse". Non manca un accenno di rassegnata amarezza quando afferma "mi hanno reso più 'r ö stec', più diffidente; se non fossi determinato mi farebbero annegare in un bicchier d'acqua. Ma, d'altra parte, bisogna essere sul campo per rendersi conto di quante difficoltà si incontrino nelle vesti di Presidente". È proprio "la gente" la prima preoccupazione di Bettoni, che più volte ci sottolinea come il suo obiettivo primario sia quello di vedere crescere e svilupparsi la comunità orobica; una speranza che poggia sulla certezza del valore della "bergamaschitudine", tempra nostrana fatta di molti pregi e qualche difetto, che il presidente ama e sente molto vicina al proprio modo di essere.
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