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FANNO PAURA…
                                              di Graziano Paolo Vavassori - Direttore Responsabile

     Il tema sociale del 2012 è stato l’Alzheimer. L’argomento è stato affrontato con un articolo medico e due interviste, una con il dottor Vigorelli, medico e psicoterapeuta ad indirizzo conversazionale, e l’altra con la dottoressa Zanetti, del Nucleo Alzheimer al Centro Geriatrico San Pietro di Monza (Milano). Sostanzialmente siamo soddisfatti delle informazioni che siamo riusciti a divulgare, ma mancava un ultimo intervento, il quale, ahimè, non abbiamo potuto approntare. Avremmo voluto trascorrere una mezza giornata con una famiglia nella quale ci fosse un malato di Alzheimer, ma, nonostante tutti i nostri sforzi e le nostre conoscenze, non ci siamo riusciti. Abbiamo dunque dovuto chiudere l’argomento così.
     Abbiamo già fatto qualcosa di simile nel 2009 in merito alla SLA (Sclerosi Multipla Amiotrofica) ed avremmo voluto ripeterci, in quanto crediamo che nulla sia meglio che vivere di persona una situazione per descriverla con serietà ed accuratezza, affrontando le problematiche che ogni giorno si manifestano. Nessuno si può permettere di biasimare le famiglie che abbiamo contattato e che, se non immediatamente, hanno rifiutato la nostra proposta in seguito a delle loro riflessioni, è un loro diritto ed è comprensibile la loro motivazione. Infatti, sembra che la vergogna di mostrarsi di fronte ad una macchina fotografica sia un ostacolo difficile da superare, senza contare la grande agitazione suscitata nel paziente nel momento in cui comprende di essere sotto alla lente di ingrandimento, percependo che i propri spazi dovranno essere invasi da degli estranei che gli scombineranno la routine quotidiana, per egli fondamentale.
     L’intervista, due chiacchiere… no, non sarebbero bastati. Ci hanno chiesto “niente foto”, non a casa dell’ammalato e nomi falsi. Praticamente potevamo scriverci il pezzo da soli da casa nostra. Per noi scattare delle immagini è importante, non per spettacolarizzare, non lo abbiamo mai fatto, ma per rendere più vivo l’articolo, per dimostrare che quello che scriviamo non è fantasia, invenzione, noi c’eravamo veramente, abbiamo visto e vissuto. Questo significa fotografare.
     Nessuno ce l’ha con loro, è solo che proprio non me lo aspettavo. Ad onor del vero, tuttavia, c’è da puntualizzare che le loro affermazioni del tipo “c’è bisogno di parlarne”, “si deve dare più informazione sulle problematiche degli affetti di Alzheimer”, eccetera, eccetera… non sono proprio coerenti con le loro scelte. L’affermazione che “dobbiamo dare più visibilità al problema ma aspetto che sia qualcun altro a farlo…” lascia un po’ il tempo che trova, non credete?
     Modificando leggermente il tiro dell’articolo… devo sinceramente confessarvi che conoscere meglio l’Alzheimer mi ha piuttosto sconvolto. Prima di questa patologia abbiamo parlato di SLA, come già detto, e nel 2011 di neoplasie. Più volte mi sono chiesto quale di queste malattie è la peggiore; è ovvio che nessuna delle tre e di molte altre vorremmo che capitassero a noi stessi, ma se accadesse… Personalmente la SLA mi ha colpito, ma in modo infantile mi sono anche sentito al riparo da essa, per l’età (anche se io e Mauro siamo coetanei), per lo sport che facevo, ma, tutto sommato, sebbene sia comunque una catastrofe, il fatto di mantenere la lucidità e la comprensione ti permette di vivere comunque i propri affetti, sempre che questi non se ne fuggano, come in molto casi, purtroppo, è accaduto e accade. Possiamo forse dire che nonostante la disgrazia è più facile continuare a vivere? Sopportare?
     Le neoplasie, invece, sono una brutta bestia. Fanno una gran paura a tutti, ma, nonostante questo, tutti sfuggono ai controlli che, soprattutto dopo i quarant’anni, andrebbero fatti periodicamente. Perché è proprio qui la chiave di volta, se lo sai in tempo ti salvi, oggi, considerando la tecnologia e la conoscenza medica in merito. Morire di cancro perché non si è mai voluti andare a fare un controllo o non si ha mai avuto il tempo per farlo… “ma sì, tanto a me non accade…” è diciamo da stupidi?
     Tornando al nostro confronto, se sei affetto da SLA avresti una scadenza, ma non è detto, non è vicina, non te la senti proprio addosso. Non stai male fisicamente, si tira avanti, mente permettendo. Se hai un cancro… di quelli brutti, maligni, quelli per i quali senza cure si muore per certo, ecco, la tua scadenza te la senti addosso per la prima volta e “te la fai sotto”. Queste sono le parole della mia cara amica Anna, che mi sta raccontando, un pezzo per volta, tutto il suo vissuto. Improvvisamente ti rendi conto che sei vicino alla meta, non ambita, della fine dei tuoi giorni, quella fine alla quale pensavi di essere ben lontano, sì, ogni tanto ci pensavi, molto di noi credo che ci pensino, ma poi dici “non hai la più pallida idea di quando accadrà, perché preoccuparsene?” Ad un certo punto però ti ritrovi a dire: “accidenti, sono già arrivato?”
     Però, se non è troppo tardi puoi ancora sperare e combattere e puoi vincere, sopravvivere. È meglio che niente. Starai male, la chemioterapia fa stare male, dentro e fuori dall’ospedale ad un certo punto non ce la fai più, la TAC, la PET TAC, la radioterapia oppure la TACE, alla fine anche un semplice esame del sangue ti da fastidio, ma c’è sempre una speranza. Con l’Alzheimer no! È finita!
     Ci sei, ma te ne vai in punta di piedi. A te che sei ammalato cambia poco, non sei più tu, ma te ne renderai conto sempre meno. Gli affetti possono anche rimanerti vicino ma presto ti dimenticherai di loro e non ti farà alcuna differenza. Alla fine, concedetemi l’azzardo, l’ammalato è più fortunato di coloro che gli stanno intorno. Il peggio è per questi ultimi, se ti amano veramente. Gli affetti sono coloro che soffrono, perché ti vedono andare via, vedono che non sei più tu, non si sentono riconosciuti, amati e non possono fare altro che soffrire. O si devono rassegnare. Sono costretti anche a sopportare cose come, non so, il tuo partner affetto di Alzheimer che si innamora di un’altra persona, eppure fino a “ieri” eri tu il suo più grande amore della vita, un amore magari anche di cinquant’anni che svanisce. Ti ripeti che lui/lei non ha colpa, è la malattia, tuttavia soffri.
     Forse l’Alzheimer è quanto di peggio possa accadere ad una famiglia. La persona che ami muore lentamente, eppure è ancora viva.

 

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