non tonante ma decisa di Papa Francesco che accusa chi sopporta come ineliminabile che milioni di persone muoiano di fame.
     Ho incontrato in questo periodo cassaintegrati e licenziati di quarant’anni con famiglia: mi ha colpito il loro senso di colpa, la vergogna di avere perso quella dignità che il lavoro porta con sé, come se fosse da imputare loro la crisi che stiamo vivendo. Purtroppo il consumismo e la finanza sfrenati, l’ingordigia di chi non è mai sazio, la mancanza di coraggio di molti imprenditori, che hanno ceduto alle multinazionali, lo sfruttamento irrazionale delle risorse, sia della terra sia umane, sono la causa della dilagante situazione mondiale, dove fa solo una sporadica apparizione nei telegiornali la notizia che più di mille operai, costretti ad entrare in un edificio insicuro, perdano la vita per la mancanza della minima prevenzione o il lavoro minorile o l’inquinamento dei Paesi emergenti, che stanno sacrificando tutto, ma proprio tutto, alle richieste delle produzione e della scalata verso i vertici del potere mondiale.
     In questa ottica finiscono con il trovare terreno fertilissimo il nazionalismo e il razzismo: accogliamo volentieri i turisti e meglio i nuovi ricchi arabi o russi, ma non sopportiamo la concorrenza di cinesi o coreani e ci infastidiscono coloro che si imbarcano su carrette del mare e ci obbligano a predisporre servizi e centri di accoglienza che costano a tutta la collettività.
     Il problema dell’immigrazione selvaggia e senza regole di cui ci accusa per di più l’Europa, che non ci supporta, ma fa di tutto per chiudere le sue frontiere, è tornato di attualità con il nuovo ministro di origine congolese, il quale rivendica diritti per chi vive in Italia, anche se sprovvisto di cittadinanza o di lavoro: mi sembra una guerra tra poveri. Fin che c’è stato lavoro per tutti nessun settentrionale si arruolava in polizia o nelle guardie carcerarie o preferiva il lavoro del postino (dignitosissimo, non fraintendetemi) ad un’occupazione in fabbrica o nel terziario, dove i guadagni erano maggiori; pochi si sono preoccupati di graduatorie per l’assegnazione di case popolari o servizi. Oggi si vede nello statale e, guarda caso, non nei Dirigenti… Statali, ottimi manager che vengono chiamati ad affossare definitivamente enti o imprese pubblici a fronte di stipendi stratosferici e non alla produttività dei magistrati e dei politici a fronte dei loro privilegi, il nemico numero uno della società, ma tutti desidererebbero un posticino a tempo indeterminato dietro una scrivania.
     Oggi si vede nell’extracomunitario colui che ha, senza avere pagato, le case popolari sono state edificate soprattutto con gli introiti dei fondi Gescal trattenuti
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