I LIBRI COSTANO TROPPO, ANZI NO, TROPPO POCO!
                                              di Luca Rota

     Il dibattito incessante intorno alla legge italiana sul prezzo del libro e le conseguenze sul futuro dell’editoria e di noi lettori
     Da qualche tempo a questa parte una questione tanto importante quanto dibattuta sta scuotendo l’intero panorama editoriale italiano, sia dalla parte degli addetti ai lavori – editori, distributori, librai – sia da quella dei lettori, e vorrei riportarla alla vostra attenzione, perché non solo controversa, ma pure sovente travisata nel senso e negli effetti. Sto parlando della questione relativa al prezzo di vendita dei libri, meglio identificata con il riferimento alla normativa, che da un paio di anni la regola in Italia, la “Legge Levi”, dal nome del deputato che ne è stato primo firmatario.
     Per cominciare, è opportuno ribadire nuovamente, come mi tocca fare spesso disquisendo di editoria e letteratura nostrane, lo stato di crisi piuttosto profondo del panorama editoriale italiano, che registra da tempo un triste e incessante calo delle vendite e dei lettori, al momento non ancora bilanciato dalla diffusione dell’editoria digitale. Tale crisi ha messo ovviamente in grosse difficoltà gli editori indipendenti, ovvero quelli non appartenenti a grandi gruppi industriali, i quali sono comunque in crisi, sia chiaro, ma avendo maggiori capacità finanziarie resistono meglio, per i quali un minimo calo del venduto significa spesso la chiusura: considerando che la produzione letteraria di più alto livello è oggi sovente edita proprio da questi editori indipendenti è inutile rimarcare quanto la loro difficoltà sia deleteria per l’intero panorama culturale – anzi, socioculturale – del Paese.
     Posto ciò, i libri hanno un prezzo, ovviamente, e il perdurare della crisi ha comportato un taglio delle spese culturali da parte di molti italiani, per i quali anche i pochi euro necessari per acquistare un’opera letteraria sono diventati una spesa evitabile, dunque superflua. Tali prezzi di vendita sono da sempre ridotti da sconti d’ogni genere e sorta, sovente uniti a campagne promozionali di vario titolo. Tuttavia, è evidente che il grande editore, quello che vende migliaia di copie dei suoi libri, per tale ammontare produttivo e commerciale può da sempre offrire agli acquirenti nelle librerie degli sconti molto più alti di quelli offribili dal concorrente piccolo, il quale, se abbassasse troppo i propri prezzi di vendita, riducendo la già risicata forbice di guadagno, finirebbe per chiudere rapidamente, per l’appunto.

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