La parte più alta della città venne fortificata, i colli furono tagliati, scavate delle casematte sotterranee, abbattute case, chiese, monasteri e persino il secolare Duomo. La città fu stravolta da tutti questi lavori di fortificazione bellica; il “palmo” della mano venne separato dalle sue “dita”: nascono i borghi. Venne edificata una cinta muraria di più di sei chilometri di perimetro con quattro porte, in corrispondenza dei crinali della montagna, le quali solamente permettevano l’accesso alla cittadella fortificata: nacque così Città Alta.
     Per i bergamaschi la separazione in due della loro bella città fu uno strazio, per giorni percorsero scalzi in lungo e in largo la città, pregando i Santi del paradiso ed il Doge di Venezia di risparmiarla, ma il 7 agosto 1561 iniziò lo “svuotamento” della città, partendo proprio dalla Basilica Alessandrina, l’allora Duomo di Bergamo; alle persone rimase solo il tempo strettamente necessario per traslare, in fretta e furia, le reliquie in esso contenuto.
     Dal punto di vista politico, il nuovo assetto istituzionale vide la presenza in città di due rettori, entrambi di nomina veneta, e lo Statuto Comunale,


nuovamente rinnovato nel 1430, registrò la nuova situazione politica, che si apriva ancora una volta con la dedizione della città, questa volta a Venezia. Quest’ultima, a fronte della garanzia del mantenimento del controllo militare e degli obblighi fiscali della città suddita, concesse a Bergamo ampie autonomie, lasciando sopravvivere in città le antiche magistrature comunali, ed imponendosi con una presenza assai discreta.
     Tra le due città crebbero e si infittirono relazioni economiche e culturali, soprattutto in campo artistico, dove l’influenza veneta conobbe nel Cinquecento e nel Seicento momenti di grande splendore. Si diffuse ovunque lo stemma di Venezia, con il quale si evidenziava il rapporto particolare che legava le due città: il leone di San Marco appoggia le sue zampe sul libro aperto di San Marco,
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