2) I pediatri sui disturbi dell’alimentazione nel bambino piccolo.
     “Dicono che è un disturbo abbastanza frequente, rappresenta il 20-30% della casistica annuale. Raro il rifiuto globale del cibo, molto rari l’iperfagia o il vomito psicogeno, più frequente in assoluto il rifiuto elettivo del cibo soprattutto nei bambini 24-36 mesi.”
     “Attribuiscono questo disturbo a problematiche prevalentemente affettive, individuano l’origine del disagio nella qualità della relazione madre-bambino, conflittuale e disarmonica, anche nella solitudine familiare e sociale della madre.”
     “Ritengono si tratti di un disturbo che può evolvere o essere accompagnato da altri sintomi. Un bambino con problematiche alimentari è spesso un bambino che manifesta disturbi del comportamento (isolamento e introversione, irrequietezza e oppositività) e ha disturbi del sonno.”
     3) I pediatri sulla cura dei disturbi alimentari.
     “Sostengono di avvalersi raramente di misure più propriamente cliniche (farmaci, ospedalizzazioni, invii) solo quando è in pericolo la crescita ponderale del bambino e/o quando la situazione psicologica del bambino e dei suoi genitori s’aggrava; quand’anche si prescrivono farmaci o si richiedono accertamenti lo si fa con parsimonia.”
     “Dicono di intervenire prevalentemente sulle dinamiche relazionali dando regole, suggerendo comportamenti, cercando di tranquillizzare i genitori soprattutto la madre che appare in crisi: fragile, confusa, sola.”
     4) Fra i pediatri sulla valutazione dei propri interventi.
     “Alcuni ritengono il proprio intervento abbastanza soddisfacente: impegno tutta la mia esperienza e cultura per risolverli, instaurando una serie di colloqui con i genitori, consigliando come comportarsi. Altri però dichiarano di non ottenere i risultati sperati: per il genitore è importante che il bambino mangi qualunque cosa, basta che mangi e quindi si sottomette facilmente al ricatto del figlio.”
     5) Tra i sentimenti associati al trattamento emergono: “il vissuto di un trattamento impegnativo; cerco di ascoltare molto e di lasciare che si esprima il genitore. Cerco di aiutare per mettere in luce il disagio, discutendo. Faccio ripetuti colloqui.”
     “La fatica dell’ascolto: “quando una madre mi dice che il suo bambino non mangia, sono scettico… molti pazienti secondo le mamme non mangiano. Mi devo munire di tanta pazienza. Sono disponibile ad ascoltare, ma spesso

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