soprattutto le estreme regioni del sud, aree di sciacallaggio edilizio, ma anche nel resto di quell'Italia economicamente più competitiva gli scenari non sono troppo diversi, basti vedere alcune zone della Valle d'Aosta, le riviere liguri, quelle abruzzesi-molisane, aree insulari e tanti centri medi e piccoli dell'Italia peninsulare interna, raramente riusciti a scampare ad una modernizzazione devastatrice.
     Oggi, forse, con la crisi che ha amplificato i problemi ed ha spinto ad una riflessione collettiva più matura, si comincia a prendere atto che il trentennio tra gli anni ‘60 e ‘80 è stato un periodo di distruzione legalizzata che ha fatto perdere al Paese una importante occasione economica cioè quella di valorizzare il patrimonio artistico-culturale e il paesaggio, espressioni entrambi dell'identità italiana.
     Su questo binomio si sarebbe potuto tentare di costruire un modello di sviluppo, quantomeno complementare e alternativo a quello industriale, che avrebbe potuto poggiare sul turismo e su tutto ciò che ne sarebbe derivato in termini di indotto, sulla fruizione del passato storico-artistico, sui siti archeologici, sui musei, sui centri storici, sugli itinerari tematici corredati da eventi di largo richiamo. Sicuramente questa scelta, se fosse stata saggiamente perseguita da lungimiranti amministrazioni, avrebbe potuto creare una varietà di scenari diversi agevolati dal clima temperato e soprattutto, come ciliegina sulla torta, da una innegabile ed invidiabile tradizione enogastronomia.
     Dissertare oggi di queste possibilità rimaste solo sulla carta fa apparire ancora più assurdo il mancato ricorso all’adozione di questo modello di sicuro successo, geograficamente diffuso, con un alto impiego di manodopera lavorativa e probabilmente in grado di reggere l’urto, rispetto al modello industriale, della nefasta globalizzazione. Nessuna economia emergente, infatti, avrebbe mai potuto invadere un siffatto ed esclusivo mercato né inventare e sfidare un prodotto così particolare sotto il profilo della concorrenza. Comprendere quindi il motivo del perché tutto ciò non si sia verificato significa anche prendere atto che ancora oggi, in Italia, ogni tentativo di valorizzazione della cultura, di custodire il passato storico, di salvaguardare ciò che rimane del paesaggio naturale, rischia di diventare fin dall'inizio un ragionamento poco gettonato ad attrattivo per investitori pubblici e privati.
     Il peccato originale nasce, in realtà, con l'indebolimento del potere centrale, che non ha saputo e voluto attivare i propri strumenti d'intervento e di controllo per sviluppare questo importante e potenziale tassello economico per la crescita

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