Sbagliato, secondo un analisi fatta da Intesa Sanpaolo e Ask Bocconi su dati Eurostat 2009, l’incidenza della spesa culturale pubblica sul PIL (Prodotto Interno Lordo) in Italia è dello 0,4%, in linea a tutti gli altri paesi Europei, eccezion fatta per la Spagna, in cui il dato segna un lodevole 0,7%. Se si considera poi che l’Italia possiede il maggior numero di siti dichiarati Patrimonio Universale dell’Umanità del mondo e conserva circa il 40% del patrimonio artistico mondiale, il fallimento della nostra politica culturale pubblica è impressionante.
     Quindi, il dato oggettivo è che l’economia legata all’industria culturale italiana cresce se gestita da privati, mentre arretra e funziona male se gestita dal pubblico, perché ci affidiamo a dirigenti incapaci, che pur avendo a disposizione mezzi impressionanti si riducono a vivacchiare facendo i passacarte e ritirando lo stipendio, molto spesso lauto e non rapportato ai risultati, il 27 del mese.
     Anche in Italia abbiamo il nostro petrolio, l’arte, la storia, la cultura oltre alle bellezze naturali del nostro straordinario paese, solo che non siamo in grado di sfruttarli economicamente oppure lo facciamo solo in parte. L’informazione ed il dibattito pubblico si stanno soffermando su importanti scelte economiche che il nostro paese sta facendo, dalla politica liberista di Marchionne e della Fiat alla riforma del mercato del lavoro e delle pensioni, tutte scelte coraggiose e condivisibili, ma forse non si sta davvero pensando a come sfruttare il nostro vero potenziale, il turismo, l’arte, la nostra cultura e come progettare il futuro di questo paese e delle generazioni future che, non avendo materie prime, può solo investire su ciò che ha e i cinesi non possono copiare: noi stessi, la nostra storia, la nostra tradizione, la nostra arte, trasformando in una grande industria l’arte e la cultura, perché almeno da quel punto di vista c’è poco da essere esterofili.
     Per far questo, tuttavia, si dovranno formare manager nel settore culturale pubblico, i quali in futuro prendano il posto di coloro che hanno fallito, fare un grande piano di rilancio del nostro paese, sfruttandone le reali potenzialità, avere una politica culturale di ampio respiro, che pensi ai decenni successivi e non alle elezioni successive e basta.
     L’Amministrazione di Bergamo ha, in questa direzione, intelligentemente presentato la candidatura a Capitale Europea della Cultura per il 2019, ne parliamo anche con Pierluigi Piromalli questo mese; se verrà accettata, sicuramente gli investimenti saranno ripagati con gli interessi.

        pagina 02 di 03
 
 
 
 
 
Infobergamo® - www.infobergamo.it è un prodotto H.S.E. - Leggi la nostra CDD - Validazione XHTML - CSS
Autorizzazione Tribunale di Milano n.256 del 13 aprile 2004. Vietata la riproduzione e la riproposizione non autorizzate di testi ed immagini.