di conversazione con delle persone affette da Alzheimer, c’è una psicologa di nome Katia Stoico, la quale conduce invece un gruppo ABC per i familiari dei malati. Proprio stamattina c’era l’ultimo incontro di un ciclo in cui abbiamo unito i due gruppi, noi operatori e ABC con i familiari; si è visto come le tecniche conversazionali, un particolare modo di parlare e di ascoltare, possono favorire l’emergere della parola in quelle persone che hanno delle difficoltà.”
     “Il demente è una persona malata; il suo cervello non è più quello di prima, tuttavia, la loro difficoltà nella vita quotidiana viene alimentata anche da quelle persone che, per far bene, per aiutarlo, lo interrompono, lo correggono, gli suggeriscono delle parole, ma in questo modo, anche se l’intento è buono, il


paziente viene bloccato e si sente frustrato. A questo punto, se si persiste in tale atteggiamento, passare dalla frustrazione all’aggressività non è poi così difficile e alla fine, se proprio il paziente non ne può più, tace per sfuggire alla sofferenza. Nell’incontro di stamattina alla Fondazione Manuli, io non ho corretto, non ho interrotto né ho suggerito a chi ha difficoltà di parola e questi stessi principi cerco di trasmetterli, attraverso il gruppo condotto da Stoico, ai familiari a cui viene proposto un cammino che si definisce ‘dei dodici passi’; fra questi passi c’è proprio il non correggere, non interrompere, non fare domande. In questo modo i pazienti possono parlare più liberamente ed effettivamente abbiamo visto che in questa situazione, che è una situazione difficile, in cui eravamo in venticinque con una decina di pazienti e una quindicina di familiari e badanti, sono riusciti a prendere la parola tutti quanti, ciascuno così come ha potuto.”
     Nell’uso comune il termine ‘demente’ viene usato come un’offesa: è possibile usarlo?
     “È molto meglio parlare di ‘persona con demenza’. Ci sono persone malate di cancro, di Aids, malattie brutte, poi ci sono persone con demenza. La parola
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