collettiva cavalcando il sentimento diffuso di scontento verso l’azione di governo. L’esecutivo, del resto, ha cominciato a perdere consensi molto prima delle amministrative e dei recenti referendum, non avendo dato risposte chiare all’opinione pubblica sui grandi temi delle riforme, del fisco, del welfare, della gestione delle crisi internazionali ed infine del cronico problema dell’immigrazione esploso drammaticamente dopo il conflitto libico. Risposte mancate che, unitamente ad una consapevole presa di coscienza di un Paese che non riesce a cambiar marcia e a perseguire la difficile ma necessaria strada delle riforme tanto sollecitata anche dalla Confindustria, hanno condotto a risultati prevedibili e forse inevitabili, come logica storica impone.
     Il significato politico dei risultati prima amministrativi e poi referendari è fin troppo chiaro e in qualche modo orienta verso la scelta di una verosimile alternativa di governo. Berlusconi e sodali dovranno, insomma, interrogarsi e capire, al di là dei messaggi e dei tattici attestati di reciproca fiducia, se vi siano le oggettive possibilità di continuare a governare senza scivolare sulle classiche bucce di banana.
     La condanna al declino che Berlusconi è costretto a sopportare trova, però, giustificazione nella prevalente cultura dallo stesso alimentata e plasmata attraverso il culto del leader, un culto che manipoli di faccendieri, portaborse e lodatori di professione hanno spinto all’estremo e all’inverosimile ritenendo, come nei peggiori sistemi oligarchici, che l’acclamazione collettiva fosse sufficiente ad entusiasmare le folle per macinarne consensi. Tutto ciò accade mentre ancora non si sa né si può ipotizzare chi, all'incombente tramonto dell'era berlusconiana, potrebbe ereditare la conduzione del centrodestra. Chiunque esso sia, è certo che se vorrà proporsi come valida alternativa ad una politica fatta di slogan e di ottimismo dilagante dovrà principalmente dimostrare di essersi affrancato da quella forma di politica pubblicitaria poco produttiva e allo stesso tempo di essere capace di ridurre la distanza tra il dire e il fare.
     Il verdetto elettorale scaturito dalle ultime consultazioni è così netto che impedisce di dissertare sulle cause di questa crisi di rigetto, se sia più etica, politica o economica. Se il Pdl fosse un partito vero e non un semplice calderone all’interno del quale si sono riuniti personaggi figli di tante culture politiche, oggi spingerebbe il suo leader storico a sacrificare se stesso per consentire la sopravvivenza del movimento. In realtà, tutto sembra esserci fuorché colui al quale passare il testimone per poi tentare di proporsi concretamente nella successiva legislatura e la transizione, ancora ufficiosa ma sostanzialmente

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