REFERENDUM POPOLARE: DE PROFUNDIS PER IL GOVERNO
                                  di Pierluigi Piromalli

     I referendum abrogativi degli scorsi 12-13 giugno e i risultati schiaccianti che ne sono conseguiti hanno rappresentato, a posteriori, l’occasione per l’elettorato di esprimere il dissenso contro il Governo e, soprattutto, contro Berlusconi, ormai da più parti considerato all’epilogo della sua parabola politica quasi ventennale. La poco meno unanime vittoria dei “Sì” va quindi letta in un contesto molto più ampio rispetto ai quesiti, certamente importanti, sottoposti all’elettorato, visto che il centrodestra, forte dei consensi delle ultime consultazioni politiche e poco reattivo di fronte all’esito delle recenti elezioni amministrative, ha continuato, anche nel corso della campagna referendaria affrontata con un certo colpevole distacco, ad accumulare errori strategici e politici.
     Se da una parte le opposizioni, sospinte da un rinnovato entusiasmo per la conquista delle amministrazioni di alcune tra le più importanti città della penisola, propagandavano per i “Sì” mobilitando il Paese e sensibilizzando l’opinione pubblica, dall’altra il Governo ha mollato le redini senza neanche sollecitare una contro-mobilitazione a favore dei “No” per difendere e sostenere i principi ispiratori di quelle leggi che esso stesso aveva partorito.
     Ad aggiungere benzina al fuoco del dissenso ci ha poi pensato il Premier, il quale probabilmente riteneva, dall’alto del suo personale narcisismo politico, che gli inviti rivolti a disertare i seggi elettorali tacciando di sostanziale inutilità lo scopo dei referendum conservassero ancora quell’autorevolezza di parole d'ordine per buona parte di un elettorato forse giunto al capolinea della sopportazione nei confronti di colui che ha diffuso il virus della belligeranza istituzionale e dello scontro tra i poteri dello Stato. I danni si sono quindi rilevati maggiori rispetto a quelli che si sarebbero potuti preventivare all’indomani dei risultati delle elezioni amministrative ed hanno confermato come il Governo abbia preferito mantenere un atteggiamento tiepido e schivo, lasciando sostanzialmente solo il medio elettore.
     Il centrodestra ha confermato, con i suoi comportamenti di opportunismo e di smarcamento dai problemi reali del Paese, di essere diventato un esercito proiettato in prima linea senza una strategia unitaria e condivisa, ma, va detto, per coerenza, che il centrosinistra non è stato sicuramente immune da reciproci atteggiamenti di opportunismo e, se vogliamo, di strumentalizzazione dei referendum dal momento che ha abilmente colto il momento di disaffezione

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