un pretesto, un sipario”, dietro al quale gli istinti sono liberi di fare il loro gioco, anche nella maniera più cruenta, vergognosa e sfrenata. Significa usare il nome di Dio per giustificare anche le azioni più turpi e criminali. Infinite volte nella storia ciò è accaduto. Al grido di “Dio lo vuole”, o “Dio è con noi”, o “Dio è il più grande”, infinite schiere di massacratori hanno sterminato milioni di altri esseri umani. Per non uscire dai confini dell’Europa, pensiamo solo alle ecatombi provocate dalla Guerra dei Trent’anni fra cristiani cattolici e protestanti nel secolo XVII: gli storici hanno calcolato che nel periodo del conflitto, tra il 1618 e il 1648, il Vecchio Continente fu falcidiato di quasi il 20 per cento dei suoi abitanti. Una catastrofe demografica paragonabile solo a quella della Seconda guerra mondiale. E tutto ciò, per il trionfo di una inesistente Identità cristiana!
     E quando si è caduti nella trappola, nulla ci può più salvare: il meccanismo diabolico dell’Identità è scattato, e noi siamo prigionieri della nostra falsa realtà. Ci crediamo cristiani, musulmani, o chissà cos’altro (non è solo questione di religione: le maschere illusorie possono essere infinite, in un’infinita gradazione allucinatoria che può andare dal credersi “di razza ariana”, fino all’andare a passeggio con uno scolapasta sulla testa e una scopa in mano, pensando di essere un cavaliere templare). Dimenticando che siamo tutti, semplicemente, esseri umani. Dimenticando, cioè, proprio la verità essenziale che, nel racconto di von Kleist, viene riscoperta dagli abitanti di Santiago del Cile subito dopo il terremoto che azzera in un attimo tutte le loro illusioni. Solo in quell’attimo, dopo il terribile trauma di una distruzione totale, l’umanità riscopre la propria essenza, la verità nascosta: siamo tutti uguali!
     Non c’è distinzione di fede, di razza, di cultura o di ceto sociale sotto la maschera delle false identità che così strenuamente difendiamo. Tutte le culture sono culture “umane” e tutte sono scaturite da un’unica fonte primordiale. Tutte le culture si fondono e si fecondano a vicenda da millenni, creando civiltà che sono sempre il frutto di innumerevoli apporti culturali. Le storie bibliche si intrecciano con l’epopea di Gilgamesh; l’Odissea con i Viaggi di Sindbad il Marinaio; le antiche favole europee con quelle dell’India e della Cina; la nostra scienza con la scienza degli arabi che a loro volta si abbeverarono alle fonti greche, persiane, indiane e cinesi; il Corano riflette la Bibbia; le piramidi maya riflettono quelle egiziane; le nostre abitudini alimentari sono il frutto di millenni di incroci ed elaborazioni planetarie del gusto e dell’agricoltura; i nostri linguaggi si mescolano da migliaia di anni (si calcola, per esempio, che nelle

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