LA MANOVRA FINANZIARIA E LE PROMESSE DEL GOVERNO
                                              di Pierluigi Piromalli

     La recente approvazione della manovra finanziaria ha definitivamente confermato la trappola legislativa nella quale l’esecutivo, presieduto da Berlusconi, era destinato prima o poi ad infilarsi in spregio all’elettorato chiamato a versare lacrime e sangue per contenere la spesa pubblica e per tamponare l’abissale deficit che il Paese si trascina da decenni. Prendersela con i Governi che facevano suonare le campane a festa quando l’economia galoppava lesta e tambureggiante è ormai mero esercizio di stile, che non cambia la realtà dei fatti i quali solo gli spot pubblicitari del Premier e dei suoi fedelissimi hanno cercato di travisare fino alla resa dei conti.
     La colpa del Governo, avviato inesorabilmente all’epilogo della propria storia e dilaniato dai conflitti interni, sta nel fatto che una parte dei suoi rappresentati inneggiava alla riduzione della pressione fiscale sventolando l’ingannevole vessillo sotto il naso degli ingenui elettori, mentre dall’altra puntava il dito nei confronti delle opposizioni parolaie e prevenute verso le reali intenzioni dell’esecutivo. L’esito della manovra fiscale ha ora messo a nudo l’inverosimiglianza di promesse falsate alla loro origine e che solo chi era accecato dal sacro furore politico non poteva o voleva vedere.
     Partendo dal presupposto che ogni pensiero politico è opinabile così come il linguaggio che ne evidenzia le intenzioni, resta un dato oggettivo ovvero che non può essere tollerabile giustificare chi manipola i consensi popolari con false promesse, poiché verrebbe tradita la fiducia che l’elettore ha riposto, con il suo voto, nell’eletto. Illudere la collettività, seppur ricorrendo ad un macchiettismo di maniera, è esercizio distorto dell’azione politica perché genera aspettative non praticabili rispetto a quelle che l’elettore si aspetta. Così è stato per la manovra finanziaria che, nel caso specifico, ha tradito le promesse della coalizione di centro destra sconfessando il suo leader ormai avvitato sul suo dilagante ma incauto ottimismo, che si sta sgretolando sotto i colpi della cruda realtà nazionale ed economica. Il ministro Tremonti, braccio armato di Berlusconi, è stato chiamato a far quadrare i conti pubblici ed ha sentenziato che la manovra non poteva essere approvata diversamente se si voleva evitare il rischio di collasso del Paese, ipotesi agitata come uno spettro per indorare la pillola della tacita accettazione delle imposizioni fiscali.
     Così, per risparmiare soldi e per contenere il debito pubblico, il virtuosismo amministrativo è andato a colpire i consueti settori della vita collettiva, vale a

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