La finalità dell’operazione è la famosa “strategia comune” tanto declamata dal Presidente SEA, Bonomi, ovvero l’espansione futura verso Brescia e Verona, una minore dipendenza dai vettori e più forza sul mercato. Belle parole che, però, nell’ambito di una sinergia tra soggetti uniti da comuni interessi ed ove gli sgambetti e i cambi di strategia sono all’ordine del giorno, rischiano di illudere le parti e sviare l’opinione pubblica locale dai veri intendimenti del grande sponsor dell’operazione. Può darsi che l’intenzione di SEA sia, in realtà, quella di consolidare il rapporto con Orio al punto di sostenerlo nello sviluppo e, al contempo, aprire a nuove ipotesi di sodalizi con Brescia e Verona, per affermarsi a livello europeo, ma può essere vero anche il contrario, cioè che Orio rappresenti, in particolar modo oggi, una realtà scomoda per gli scali milanesi, che tirano a campare al di sotto delle loro reali potenzialità. In gioco ci sono, insomma, le strategie future, l’integrazione verso Montichiari e Verona, in un progetto di più ampio respiro, che vada al di là delle immediate singole esigenze o almeno ciò è quello che SEA vorrebbe far credere.
     In questo clima ovattato di attesa dove si cerca di capire quale siano i veri obiettivi della società milanese, alcune forze politiche locali, quali la Lista Bettoni, l’Udc e l’Italia dei Valori, hanno dichiaratamente avversato la fusione tra le due società di gestione, ponendosi in contrasto con la Provincia di Bergamo che, invece, sembrerebbe guardare con occhio più benevolo a questa possibilità. In assenza della definizione di un disegno strategico e chiaro per il sistema aeroportuale regionale o del nord Italia, la fusione di SACBO e SEA in un’unica società, sbilanciata, però, a favore di quella milanese, potrebbe indurre a sospettare che dietro questa iniziativa si celi inevitabilmente il rischio concreto e finale, da più parti temuto, ovvero il ridimensionamento e il declassamento dello scalo bergamasco, il quale, tra l’altro, convive con l’eterno problema dell’impatto ambientale, aspetto che, si badi bene, potrebbe potenzialmente fornire a SEA il pretesto per rivedere il piano di sviluppo della struttura.
     Dopo anni di vorticosa crescita e di sodalizio ormai consolidato con il vettore irlandese low cost Ryanair, che ha fatto le fortune di Bergamo, sarebbe paradossale che il potenziale ingresso di SEA a Orio decretasse il ridimensionamento dello scalo dirottando magari una percentuale di voli verso il moribondo Linate, bisognoso di riaffermarsi nell’area Lombarda come scalo di riferimento regionale.

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