ancor peggio, abiurata tra le mura domestiche, primordiale palestra educativa, dove buona parte dei genitori si abbandona a coccolare i propri rampolli, spingendoli ad uniformarsi alle cattive abitudini piuttosto che educarli agli elementari dettami del vivere civile in tutte le sue forme ed espressioni.
     Si assiste, così, ad un trionfo di luoghi comuni e davanti all’orrore di chi impunemente sguazza nella palude del malaffare, speculando e malversando, utilizzando corridoi pubblici per finalità private, manovrando capitali e finanziamenti attraverso tortuosi percorsi bancari, di chi attenta alla salute della collettività ammorbando l’ambiente, di chi l’ambiente lo violenta grazie a stupefacenti autorizzazioni amministrative, non può che essere irrilevante e quasi seccante bacchettare chi parcheggia nel posto per disabili, chi abbandona l’auto nei centri storici o a ridosso di corsie preferenziali o, peggio, chi abbandona il cane in autostrada per non trascinarselo come un orpello sul traghetto per la Sardegna, chi riduce a discarica maleodorante i bagni pubblici e chi fa spallucce se durante una manovra di parcheggio involontariamente danneggia la macchina altrui senza batter ciglio. Peccati veniali, forse, ma figli della mancanza di un deterrente, della certezza della pena che tanto si invoca quando fa comodo, ma che viene agitata come la somma mannaia dell’ingiustizia quando coinvolge il diretto interessato tra i giri di valzer del primo grado di giudizio, dell’appello e della cassazione.
     La politica appare inadeguata ad intercettare questa necessità di chiarezza e il potere mediatico poco o nulla fa per ricordare che esiste una Carta Costituzionale che protegge e sostiene valori ormai dimenticati, i quali, nella loro semplicità, forgiano il buon cittadino e, ancor prima, l’uomo. Non si potrà, quindi, esigere che una società poco attenta al rispetto reciproco e soprattutto al rispetto del bene comune possa partorire modelli che vanno a beneficio della collettività, consolidando il ruolo dello Stato e della democrazia. “Mala tempora currunt” (stiamo vivendo brutti momenti), vaticinavano i nostri Padri, e oggi, più che mai, in un’apparenza di benessere minata dall’eco di una crisi economica frettolosamente liquidata come tempesta ormai in fase di allontanamento, sarebbe auspicabile recuperare una credibilità cominciando proprio dal basso, educando i futuri cittadini a comportamenti diversi, rivolti ad acquisire una sensibilità che si tradurrà in stile di vita e in rispetto della cosa comune.
     Non saranno purtroppo né la Scuola né la Chiesa, ultimo baluardo morale-religioso al quale ci si appiglia con molta ipocrisia, ad invertire questa realtà intrisa di falsi princìpi, di atteggiamenti illeciti che diventano leciti per una sorta di catarsi collettiva, almeno finché non verrà recuperato il ruolo centrale della Famiglia, come contesto ideale e primario, fulcro di quella funzione educativa che la scuola potrà limitarsi a modellare e ad arricchire.

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