Il giovane fu presto indirizzato agli studi “economici” da don Carlo Botta e, dopo essersi trasferito nuovamente nel capoluogo orobico, riuscì a conseguire il diploma di ragioniere. Di carattere gioviale ed allegro, con una mente che dimostrava un notevole dinamismo intellettivo, Ruggeri soleva comporre i propri versi a contatto con la gente, tant’è che gli argomenti da lui toccati furono giudicati né banali né scontati, in quanto riguardavano prevalentemente la vita quotidiana della sua gente.
     La poesia fu per lui una passione più che una vera e propria professione e il suo primo scritto fu “Lettera di Pietro Ruggeri da Stabello contro la diffusa miseria”, del 1816, una lunga prosa che raccontava dei disagi che affliggevano la valle e le sue comunità. La sua prima vera opera, però, è datata 1820, un capitolo ternario (una serie di terzine di tutti endecasillabi, esempio ABA – BCB – CDC, n.d.r.) composto da 121 endecasillabi in lingua italiana chiamato “Il trionfo delle coreggie asciutte e siropate”, con la quale egli ci spiega “gli effetti che nel corpo umano producon le castagne e il vin novello, e come fan rombare il deretano”.
     L’anno successivo scrisse altre tre opere rimaste inedite: “Venite genti a piangere”, “Un orator sul pulpito montò” e “Entrate due signori nell’ospedale de’ pazzi”. Queste sono considerate le sue prime composizioni in dialetto conosciute, tuttavia, fino al 1832, anno in cui pubblicò il primo fascicolo delle “Rime Bortoliniane”, egli stampò più nulla in bergamasco. Proprio grazie alle sue opere in lingua nativa, a tutt’oggi “Ol Rugger de Stabèll” è considerato uno dei più grandi poeti d’espressione dialettale che la bergamasca abbia mai avuto.
     In quegli anni egli iniziò a frequentare la gente che conta nel bel mondo cittadino, diventando un poeta abbastanza rinomato, tant’è che il pittore Enrico Scuri lo volle ritrarre in un dipinto, oggi famoso, e fu spesso ospitato nel salotto del conte Andrea Vertova, luogo considerato “il bel mondo”, frequentato dalle personalità più dotte di Bergamo. Tuttavia, “Ol Stabèll” mai accettò di auto-celebrarsi e per vivere si dedicò ai lavori più disparati: per questo fu sempre considerato un personaggio “al di sopra delle righe”. Amico di Mayr, Donizetti e Foroni, per il quale compose il melodramma “Il Gazzettiere”, Ruggeri da Stabello fu anche un buon musicista, anche se dilettante.
     Nel 1825, a soli ventotto anni, pubblicò un’altra importante opera in lingua bergamasca, “L’Universal Pazzia”, che riscosse molto successo negli ambienti letterari italiani. Del poema, rimasto incompiuto, possiamo leggere sul frontespizio: “Impero, Biblioteca e Galleria, della motrice dell’uman cervello, la

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