AI POSTERI L’ARDUA SENTENZA
                                  di Gaudenzio Rovaris

     Seduto davanti al televisore ho ascoltato le parole del Cavaliere: "A democrazia e libertà 'ghe pensi mi'...", con cui si è congedato dagli industriali di Monza. "State tranquilli - ha detto - non c'è attacco che tenga quando qualcuno ha la coscienza politica, la serenità di essere nel giusto, l'orgoglio di aver fatto bene e la sicurezza di poter fare bene nel futuro". "Insieme a voi porteremo l'Italia fuori dalla crisi - ha proseguito il premier - attraverso la straordinaria magia del mercato che sa trasformare l'egoismo individuale in benessere collettivo. A democrazia e libertà 'ghe pensi mi'..." [da “L’Eco di Bergamo” del 13 ottobre 2009].
     Il mio pensiero è corso ai versi del Foscolo che ricordando il Machiavelli cita la caratteristica più semplice e nello stesso tempo completa del suo pensiero “…temprando lo scettro a' regnatori/ gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela/ di che lagrime grondi e di che sangue” [dal carme “I sepolcri” VV. 156-159]. Il pensatore crede nella “costruzione” di un eventuale principe “novo” che, grazie ai suoi consigli, sappia creare in Italia un principato “novo” sull’esempio di quelli stranieri. La “virtù” del principe così costruito prevede, in estrema sintesi, l’attenzione alla realtà effettuale (così come é e non come sarebbe bello che fosse) e la netta divisione tra politica e morale. Gli esempi dei due principi, che piacciono moltissimo al Machiavelli, dello Sforza e del Valentino [hanno ottenuto il potere il primo con il sostegno della forza e il secondo dell’astuzia] ed i comportamenti suggeriti per ottenere e conservare il potere (il principe deve avere… o far credere di avere quei pregi che gli permettano di ottenere e conservare il potere e non avere… o far credere di non avere quei difetti che glielo farebbero perdere), secondo cui il risultato giustifica i mezzi utilizzati (che modifica il detto famoso “il fine giustifica i mezzi” con la sostituzione della parola “risultato” a “fine” per cui ogni comportamento anche il più immorale trova nel risultato ottenuto la sua legittimazione) inducono la Chiesa a condannare il pensiero del Nostro, non pensando a come nei secoli il potere ecclesiastico si sia comportato con i tribunali dell’Inquisizione, le scomuniche politiche e via dicendo. Il sogno del Machiavelli era in fondo idealistico ed un principe forte avrebbe permesso ai sudditi la vera felicità. Gli si oppone subito il Guicciardini, il quale afferma senza mezzi termini che non esiste uomo che miri al bene collettivo se non è anche il suo “particolare”.
     Nella storia ricordo un “L’État c’est moi” del re Sole o “il vostro sindacato sono io…” di Mussolini. Quanti sotterfugi in politica per essere o sembrare di essere… Senza cattiveria o posizione di parte, oggi vediamo una lotta… “pulita e sincera”

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