consensi anche su Facebook, stereotipo per eccellenza della comunicazione tra internauti ed innegabile veicolo di propaganda.
     I primi sintomi di una “rivoluzione” culturale sembrano diffondersi tra le compagnie di giovani stanche di assistere ad una inerzia che ha fatto di Bergamo una specie di dormitorio, situazione che se prima non piaceva ma veniva tollerata ora comincia ad essere contrastata. Si vorrebbe, quindi, una città che viva una notte bianca ad oltranza, con negozi, librerie, gallerie e musei aperti, con parchi popolati da una eterogenea massa di animatori che sappiano trasformarli in aree di spettacolo. Un quadretto idilliaco che non stonerebbe affatto in un bel romanzo metropolitano, ma che genera non poche perplessità circa la sua effettiva realizzazione. Pensare che una città come Bergamo, contesto di provincia che si snoda attraverso il nucleo storico, la città alta, i silenziosi colli, i quartieri semiperiferici sonnacchiosi, possa improvvisamente mutare il proprio Dna trasformando i viali del centro in piccole ramblas catalane, ma soprattutto pretendere che i propri cittadini d’incanto si sentano avvolti da nuove sirene omeriche di un divertimento fino ad ora sopito, è pura utopia. Basti pensare che interi quartieri di Milano, città cosmopolita ed aperta, per vocazione, alla multietnicità e al divertimento, sono da tempo sul piede di guerra, proprio per rivendicare quella tranquillità costantemente minata da assedi notturni di svariate bande giovanili, le quali della baldoria e dello svago ad oltranza hanno fatto il loro credo. Il caso emblematico dei Navigli, che sta da tempo coinvolgendo istituzioni locali, comitati dei residenti e commercianti di zona, è la chiara ed inequivocabile dimostrazione che la pretesa di un lecito divertimento giovanile mal si concilia con l’altrettanto lecito diritto ad esigere tranquillità per chi la notte la considera momento di giusto riposo. È, insomma, più un problema di individuazione di territorio e di spazi che di effettiva volontà ad impedire che si allestiscano locali ed iniziative per l’evasione e lo svago.
     L’atteggiamento e la cultura del nostro paese non consentono, poi, di raggiungere un equo compromesso tra due contrapposte aspettative, il desiderio di divertirsi e quello di esigere tranquillità, soprattutto all’interno di centri abitati dove, quasi sempre, si consumano teatrali baccani e si rinnova la proverbiale assenza di rispetto verso incolpevoli terze persone, travolte dall’inciviltà, dalla scarsa maturità e dalla maleducazione di una popolazione giovanile allergica, se non alle buone maniere, quantomeno alla “sindacale” minima forma di rispetto. Bergamo certo non fa eccezione a questa regola non scritta ma sicuramente attuale e ritenere che la volontà di un assessorato possa essere assecondata, non solo dai giovani ma anche da interessati commercianti, non equivale a giustificare una scelta che dovrà essere preventivamente ragionata nelle sedi opportune per non creare frettolose ed impopolari retromarce.

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