In un momento di grande afflizione economica e di stato comatoso nel quale versano le Ferrovie, alter ego della disastrata Alitalia, difficilmente si potrà sperare in interventi decisi e risolutivi. La promessa di nuovi treni, periodicamente rinnovata, rimane uno specchietto per le allodole per tacitare gli agguerriti comitati almeno fintantoché clamorose proteste non spingeranno per un’inversione di rotta. Nel frattempo, sono quasi scomparsi i treni a due piani, tanto reclamizzati negli anni ottanta – novanta, per far posto alle vecchie carrozze, dipinte da impuniti “writer”, i quali, nell’attraversare la città, appaiono più come tradotte di bellica memoria che come convogli moderni. Bisognerà attendere l’avvento di qualche lungimirante gruppo di politici che riesca ad innovare profondamente la filosofia del servizio rendendola compatibile con interventi dettati dalla logica e non dalla narcisistica volontà di apparire in prima pagina per raccogliere meriti e consensi per inaugurazioni di linee lontane dai romanzeschi racconti di Cassola.

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