sebbene i membri della sua famiglia fossero liberi pensatori, apparentemente privi di connotazioni strettamente religiose, egli in giovane età non dubitò delle verità espresse dalla Bibbia, tant’è vero che frequentò una scuola anglicana e a Cambridge studiò teologia anglicana con la vaga intenzione di diventare prete. Tuttavia, il contatto con la natura e la pratica scientifica diedero il via a pensieri e riflessioni che lo portarono a posizioni più scettiche nei confronti della religione: Darwin si interrogava spesso, perplesso, sulla bellezza delle creature degli oceani e degli abissi, non riuscendo a capire perché creature così belle fossero state messe dal Divino in un ambiente in cui nessuno le poteva vedere, oppure rabbrividiva davanti ad una vespa che paralizza un bruco per offrirlo come cibo vivente alle proprie larve. Non riusciva a vedere il disegno, buono, del Divino in tutto questo. Mentre stava elaborando la sua teoria sull’evoluzione della specie, scrisse persino della religione come di una strategia di “sopravvivenza tribale”, sebbene considerasse ancora Dio come il giudice al quale spetta la decisione finale. La sua fede continuò ad attenuarsi fino ad annullarsi, completamente, nel 1851, alla morte di sua figlia Annie. In età avanzata, a chi gli chiedeva lumi sulla sua religiosità, egli rispondeva: “non sono mai stato ateo nel senso di negare l’esistenza di un Dio, ma in generale, agnostico è la più corretta descrizione del mio stato mentale”.
     Le teorie di Darwin furono viste come un attacco ai fondamenti della morale di quel tempo, imbevuta di religiosità bigotta: nel suo libro egli affermava, scientificamente, che nessun Dio aveva stabilito il numero e la qualità delle specie viventi, ma che queste erano il risultato di modificazioni genetiche di antichi progenitori, vissuti millenni prima, in ere geologiche lontane. Da lì a sostenere la discendenza dell’uomo dai primati il passo fu breve. Per molti fu uno shock: per la gente era molto meglio considerare l’uomo come il discendente di un angelo decaduto piuttosto che il pronipote di uno scimmione grezzo ed irsuto, ma le sue teorie erano così realistiche che divenne famoso anche al di fuori degli angusti spazi dell’Inghilterra, trasformandosi in un eroe della scienza.
     Nel 1871 pubblicò “L’origine dell’uomo e la selezione sessuale”, in cui egli estendeva le sue conclusioni alla specie umana, infiammando le polemiche sostenendo che l’uomo era apparso sulla Terra attraverso sistemi assolutamente naturali e che è simile, in tutto e per tutto, a tutti gli altri esseri viventi, in particolar modo alle scimmie. Inoltre, egli aggiunse, ai già citati criteri di selezione, anche la selezione sessuale, quel meccanismo dovuto alla “scelta femminile” (in alcuni casi, maschile) che spinge uno dei due sessi a sviluppare caratteri sessuali secondari abnormi: per esempio, il palco di corna del cervo europeo maschio o la coda appariscente, sempre nei maschi, dei pavoni. Nella sua opera successiva, “L’espressione delle emozioni negli animali e nell’uomo”, uno studio importante ancora oggi per l’analisi moderna del comportamento

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