IL GATTO NERO
                                 di Edgar Allan Poe

     “Mi hanno chiamato folle; ma non è ancora chiaro se la follia sia o meno il grado più elevato dell'intelletto [...]”; queste sono parole di uno dei più grandi e tormentati scrittori dell'Ottocento, Edgar Allan Poe, di cui nel 2009 il mondo celebrerà i duecento anni dalla nascita, avvenuta esattamente il 19 gennaio del 1809, a Baltimora. Ancora oggi, Poe viene considerato l'iniziatore del genere poliziesco: nel suo racconto “I delitti della Rue Morgue” appare il detective Auguste Dupin, l'antesignano di ogni investigatore “deduttivo”. Se volete approfondire la sua storia, nell’ottobre del 2006 abbiamo pubblicato una esaustiva biografia in merito.
     Per quanto concerne la recensione di questo mese vi presento “Il gatto nero”, che fa parte dei cosiddetti “Racconti del Terrore”. La storia è raccontata in prima persona dal protagonista, un Io narrante non ben identificato, ma con tocchi stranamente simili allo stesso Poe. Durante l'infanzia il protagonista è un bambino buono e gentile, spesso vittima per questo motivo degli scherzi dei coetanei. Ciò che lo contraddistingue è soprattutto un amore incondizionato per gli animali domestici, che possiederà in gran numero anche dopo essersi sposato con una donna mite e gentile al pari di lui. Tra gli animali posseduti dalla coppia, il più straordinario è senz'altro il gatto Pluto, un enorme felino completamente nero e molto intelligente, adorato dal padrone. Con il tempo l'uomo inizia a bere, facendosi sempre più irascibile e violento. Oltre alla moglie, anche gli animali fanno le spese di questo cambiamento: tutti, tranne Pluto, per il quale il narratore sembra serbare rispetto. Una sera, tornando a casa più ubriaco del solito, una “furia demoniaca” lo invade, afferra il gatto e gli cava un occhio.
     L'animale con il tempo guarisce, ma come ben ovvio si tiene lontano dal suo violento padrone; la diffidenza del gatto sviluppa nell'uomo un risentimento profondo che lo porta ad odiare la povera bestiola. Una mattina, a sangue freddo, lo impicca al ramo di un albero. La notte stessa la casa dell'uomo viene dilaniata da un incendio: messosi in salvo insieme alla moglie, il giorno dopo l'uomo nota un capannello di persone intorno all'unico muro rimasto intatto, sulla parete è impressa con realismo incredibile la sagoma di un grosso gatto con un cappio al collo.
     Liquidato lo strano fatto con una spiegazione razionale, il protagonista riprende la sua vita di sempre, finché in una bettola trova un gatto randagio

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