mena vanto di avere le frecce tricolori che dipingono i cieli della penisola entusiasmando folle oceaniche di appassionati e, dall’altra, si piange miseria perché mancano le risorse per dotare le basi militari di adeguati mezzi per la difesa del territorio, salvo delegare agli amici-nemici yankee, a seconda dell’umore e della convenienza politica del momento, le costose operazioni di pattugliamento dello spazio aereo nazionale.
     Prescindendo da disamine statistiche o numeriche che renderebbero allarmante lo stato delle istituzioni nel paese, ree della quasi totale inefficienza delle strutture pubbliche e dei relativi servizi, mi limito, in questa sede, ad evidenziare la matrice genetica del medio “homo italicus”, inteso nella duplice veste di suddito e contribuente. Partendo dal presupposto che la società civile ospita due categorie di soggetti, quelli disfattisti o più semplicemente realisti e quelli ottimisti o, meglio, convinti che in realtà va tutto bene contrariamente ad un sentimento diffuso di saturazione per ciò che non funziona, si può concludere che l’atteggiamento collettivo è rivolto principalmente ad una acritica accettazione di un grottesco “modus operandi” della classe politica. Si scende più facilmente in piazza, con girotondi e girotondini, con carretti allegorici e bandierine colorate della pace, per testimoniare solidarietà verso falsi problemi, ignorando il vero fardello nazionale ovvero l’inerzia della classe politica che si riflette nella mala gestione dei principali servizi pubblici.
     Alcuni esempi: il trasporto aereo nazionale, garantito dalla moribonda compagnia di bandiera, si trova sul crine del precipizio, mentre cresce ininterrottamente l’indebitamento e sopravvive non certo per abilità degli astuti e milionari manager, ma solo per consentire che si consumi la pantomima delle oscure manovre di privatizzazione per provocare movimenti tellurici a Piazza Affari; il trasporto ferroviario si aggrappa, invece, all’illusione dell’Alta Velocità, che certamente doterà il Paese di linee ad alta capacità, ma continuerà a vilipendere il traffico locale e conseguentemente i suoi numerosissimi utenti; la rete autostradale continuerà a garantire code interminabili, pedaggi sempre più alti e cantieri costantemente aperti in attesa che un demiurgo ministeriale santifichi finalmente l’inizio di una nuova era.
     Analogo discorso vale per le scuole che, con i loro discutibili programmi, i loro ridicoli crediti formativi, il loro precariato e la perdita di quella vera funzione educativa e culturale, stanno diventando delle succursali del Cepu che sfornano una popolazione giovanile per lo più impreparata e modesta. Non è da meno la

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