PROBLEMA SICUREZZA? QUESTIONE DI DISATTENZIONE ISTITUZIONALE
                                 di Pierluigi Piromalli

     La cronaca nazionale ha recentemente evidenziato gravi problemi di sicurezza per il Paese, riconducibili, in maggior parte, alla cattiva gestione del fenomeno dell’immigrazione straniera da parte delle forze istituzionali. Se fino a poco tempo fa la questione pareva essere imputabile prevalentemente ai cittadini extraUE, oggi si deve fare purtroppo i conti anche con la criminalità straniera comunitaria proveniente dall’est europeo, vasta area di quell’Europa post comunista soggiogata per anni alla sfera d’influenza del grande colosso sovietico, defunto con il crollo del muro berlinese.
     Come spesso accade, la politica globale e ancor peggio la disastrata e parolaia classe politica nostrana osservano i fenomeni epocali con araldico distacco, quasi a testimoniare una specie di consapevole disattenzione per quei problemi che, nell’immaginario collettivo, si spera possano per incanto auto-risolversi. Se l’organismo comunitario aveva, per tempo, ammonito i Paesi aderenti all’Unione circa gli alti rischi connessi alle incontrollate emigrazioni di massa soprattutto da quei contesti fortemente compromessi ed economicamente deboli, l’Italia, per confermare la propria vocazione “pizza e mandolino”, ha fatto finta di nulla, rinviando gli interventi strutturali a date oggi non più differibili. I media hanno costantemente monitorato le realtà metropolitane e locali individuando latitanze e atteggiamenti omissivi delle istituzioni e delle amministrazioni territoriali, il cui ruolo era stato già parzialmente inibito dalla blanda politica nazionale e dalla mancata previsione di un meccanismo di auto-tutela che consentisse alle Regioni di emettere ordinanze straordinarie.
     Sennonché, i fatti di cronaca hanno cominciato a scuotere con sempre crescente preoccupazione le comunità fino ad assurgere a veri allarmi sociali, non adeguatamente intercettati dalle forze politiche, che hanno colpevolmente insistito nell’ignorare il problema, ponendolo ai margini delle priorità dell’agenda istituzionale. Gli episodi cruenti e con essi le legittime paure dell’opinione pubblica hanno quindi generato il classico effetto taumaturgico, che ha spinto Governo, Chiesa, cittadini, organi di stampa ed associazioni varie ad intonare il “de profundis” senza che fosse individuato il vero responsabile della cronicizzazione dei problemi sociali.
     Non è azzardato affermare che la colpa, se di colpa si può parlare, sia un po’ di tutti: in primis il Governo, che si è arrogato il falso privilegio di perdersi in chiacchiere da cortile e in zuffe dialettiche tra esponenti della maggioranza e

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