RINO CARRARA IN MOSTRA ALLA SALA MANZÙ
DELLA PROVINCIA DI BERGAMO

                                                      di Cristiano Calori

     Verrà inaugurata il 14 Dicembre presso la sala Manzù della Provincia di Bergamo la mostra Antologica di Rino Carrara, intervistato per Infobergamo.it nel mese di Luglio 2007, maestro dell’astrattismo italiano attivo già dagli anni cinquanta. L’esposizione, curata da Fernando Noris, responsabile per la Provincia di Bergamo delle iniziative artistiche, attraverso un percorso di 33 opere ripercorrerà il lavoro dell’artista bergamasco dal 1957 con la serie delle “Visioni in grigio monocromo” fino al lavoro riguardante il filo iniziato negli anni sessanta che prosegue tuttora.
     Rino Carrara è nato a Bergamo nel 1921. Nella città natale vi è ritornato dall’Algeria dopo gli eventi bellici del 1947, dopo aver vissuto in Africa per i due anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale, sostentandosi economicamente per mezzo delle sue capacità artistiche e facendo da guida ai turisti. A quel tempo Bergamo gli sembrò provinciale e chiusa, soprattutto in campo artistico, si trasferì pertanto quasi subito a Milano e partecipò

intensamente alla vita artistica milanese degli anni ’50, ’60 e ’70, legato in stretti vincoli di amicizia con Birolli, Fontana, Dadamaino, Castellani, Dangelo, Piero Manzoni e l’ambiente gravitante intorno al mitico Bar Giamaica del quartiere di Brera a Milano. Gli anni Cinquanta sono stati caratterizzati da numerose mostre personali e collettive.
     Nel 1959 partecipò al premio Bergamo allestito al Palazzo della Ragione e alla XXI Biennale Nazionale di Milano e organizzando personalmente la prima mostra dell’amico Lucio Fontana a Bergamo, presso la Galleria La Torre, nella quale Carrara espose con Zilocchi e Pievani, anch’essi bergamaschi, con il grande Lucio Fontana. Della mostra rimane solo un piccolo trafiletto de “L’Eco di Bergamo” e nessuno dei quattro vendette

VISIONE-DISGELO 1960 150x100
un solo quadro. Negli anni Sessanta Carrara visse una crisi personale che lo vide mettere in discussione quanto fatto in precedenza, l’informale era ormai divenuto sterile maniera in tutta Europa e il diffondersi di arte tecnicamente riproducibile lo convinsero a ricercare nuove strade, abbandonando i tradizionali strumenti del dipingere e identificando nel recupero della manualità artigianale un nuovo linguaggio, iniziò così la storia dei fili, intessuti e trapunti su tele dalle grandi campiture monocrome.
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