paese si indignava perché gli indiziati venivano rimessi in libertà per decorrenza dei termini di custodia cautelare, dandosi poi alla latitanza. A pochi giorni dal suo insediamento, il generale incontrò il giornalista Mario Pecorelli, il quale sosteneva che erano in circolazione copie della trascrizione dell’interrogatorio al quale le BR sottoposero lo statista Aldo Moro prima di ucciderlo: se la notizia fosse stata confermata, le accuse post-mortem dello statista sarebbero state così gravi da far vacillare molte sedie all’interno del Governo. L’incontro, il cui contenuto è tutt’oggi ignoto, fra il generale ed il giornalista fu favorito dal democristiano Carenino e (casualmente?) pochi giorni dopo il capo del governo Giulio Andreotti formalizzò la nomina di Dalla Chiesa al comando del nucleo antiterrorismo.
     Nel dicembre del ’78, un altro giornalista, il fiorentino Coppetti, si incontrò con Licio Gelli e un generale dell’aeronautica, non ben identificato, i quali sostennero, anzi insinuarono, che Dalla Chiesa avesse barattato la sua nomina in cambio di rivelazioni sul caso Moro: secondo indiscrezioni, pare che egli avesse ricevuto una “soffiata” da parte di un carabiniere infiltrato all’interno dell’organizzazione terroristica e che sapesse per certo dove veniva tenuto lo statista e dove fossero i “documenti compromettenti”. Sempre secondo le indiscrezioni, pare che il generale avesse informato del luogo di detenzione di Moro all’allora ministro dell’interno Francesco Cossiga, ma che quest’ultimo non avesse potuto decidere da solo cosa fare, ma fosse in attesa di decisioni da parte di ciò che il giornalista definì enigmaticamente “la loggia di Cristo in Paradiso”. Il generale era menzionato nell’articolo solo con l’appellativo “Amen”, ma di lui il giornalista scrisse che sarebbe stato sicuramente ucciso, alludendo al collegamento con le lettere dalla prigione di Moro. Sono dicerie o realtà? Analizzando i fatti dell’epoca, il generale fu chiamato più volte al Viminale, per presenziare a quelle che Cossiga chiamava “riunioni di intelligence”.
     L’incarico di Dalla Chiesa al comando del pool antiterrorismo continuò fra roventi polemiche: nonostante lo scandalo politico che lo investì quando il nome del fratello Romolo, anch’egli generale dell’Arma, fu trovato negli elenchi della P2, alla fine del 1981 divenne Vice Comandante Generale dell’Arma, come a suo tempo era stato il padre. Nel febbraio del 1982, Dalla Chiesa fu interrogato dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul sequestro e l’omicidio del Caso Moro: ribadì in quella sede la sua ferma convinzione sull’esistenza delle “prime copie” (all’epoca i verbali degli interrogatori venivano redatti con la macchina da scrivere n.d.r.) delle trascrizioni degli interrogatori di Moro prigioniero.
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Dalla Chiesa, Aldo Moro, Totò Riina, Greco di Ciaculli, Corleonesi, Totò Greco, Andreotti, Borsellino, Falcone, Emanuela Setti Carraro, Dora Fabbro, Virginio Rognoni