LOCALI E VITA NOTTURNA
                                 di Pierluigi Piromalli

     Un elemento di svago ed al contempo di disturbo è rappresentato dai sempre più numerosi locali notturni che ospitano, sul territorio cittadino, i gaudenti della notte, ovvero sciami di giovani dediti giustamente al divertimento, spesso associato all'eufemistico consumo di una vasta gamma di sostanze ipnotiche e narcotiche, e di meno giovani alla ricerca, o meglio, al mantenimento di standard di vita di relazione che si compongono all'interno di queste oasi di felicità apparente.
     Da tempo, si discorre circa l'opportunità o meno di decentrare la tipologia di questi locali di intrattenimento che, per ovvi motivi, stanno diventando incompatibili con le esigenze della popolazione residente che reclama, altrettanto giustamente, il diritto alla quiete nelle ore notturne. La questione è al centro di dibattuti pareri ed ha diviso l'opinione pubblica che, come ormai prassi impone, si è schierata ora con gli uni ora con gli altri come se i problemi si risolvessero con le barricate ideologiche e con il proselitismo da avanspettacolo cittadino. Personalmente la disputa non mi meraviglia dal momento che Bergamo, nell'ultimo decennio, ha cambiato fisionomia, trasformandosi, fatta eccezione per le zone tradizionalmente residenziali, da tranquilla e un po' noiosa città di provincia in area turbolenta e disordinata dal punto di vista dell'ordine pubblico.
     Purtroppo, l'amministrazione comunale ha dato prova di scarsa e tardiva attenzione verso i problemi evidenziati dalla cittadinanza, eludendo per troppo tempo, tanto per non sconfessare i colleghi predecessori, i proclami di intervento e le sollecitazioni ad affrontare e risolvere l'annosa questione che ogni fine settimana culmina nelle consuete overdose di urla e musica diffusa a tutto volume. Fulcro di questa diatriba sono i gestori dei locali che, nelle sedi deputate e per contrastare le accuse di corresponsabilità nell'alterare la quiete cittadina, difendono l'esercizio delle attività commerciali ponendole sul piedistallo della considerazione cittadina.
     In questo scenario sembra evidente, stando a quanto si può constatare, che i residenti rappresentino l'anello debole di questa catena che non produce alcun vantaggio all'amministrazione né, tantomeno, all'immagine della città. Infatti, i soloni di strada si ergono a sociologi locali e, con grande acume, rappresentano il rischio che Bergamo, senza l'apporto dei locali che promuovono divertimento e svago stile riviera romagnola, muoia o, peggio ancora, si candidi al ruolo di dormitorio pubblico o, come folkloristicamente si sussurra, a grande territorio sepolcrale. Un ragionamento che, tradotto in termini pratici, si rivolge un po' ironicamente alla intollerante popolazione residente che, come pena del

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