Il suo praticantato sul campo e i lunghi anni di analisi dei fatti legati alle bombe di Piazza Fontana, degli eventi sanguinosi scatenati dai gruppi estremisti di Lotta Continua, Potere Operaio, Avanguardia Operaia, che sconvolgevano la Milano borghese dell'epoca, lo porteranno al "Corriere dell'Informazione" e poi al "Corriere della Sera", dove poté esprimere pienamente le sue potenzialità di giornalista politico e sindacale. Mentre seguiva ed analizzava i processi e gli attentati brigatisti, si indignò anche per episodi minori, come quello accaduto proprio al suo Liceo, il Parini, dove sei ragazzi picchiarono a sangue un loro compagno sedicenne colpevole di essere iscritto al Fronte della Gioventù, l'organizzazione giovanile del Msi. Si occupò anche di uno dei primi grandi pentiti, Carlo Fioroni, "il professorino", il quale confermava la tesi di Tobagi secondo la quale i grandi gruppi armati degli anni '70 si erano formati sulla scia dei movimenti che avevano scosso la società alla fine degli anni '60 ed avevano una componente di sinistra. Significativo uno dei suoi ultimi scritti sul terrorismo, un testo ripubblicato più volte perché ritenuto uno dei più sentiti, a partire dal titolo: "Non sono samurai invincibili".
     Walter Tobagi non era soltanto un giornalista, un cronista scomodo degli anni di piombo. Era un uomo inesauribile che non stava mai con le mani in mano. Come ricorda chi ha lavorato con lui "Preparava i suoi articoli con una meticolosità ed un'attenzione non comune, senza abbandonarsi alle retoriche e a fantasiose ipotesi, basandosi solo su fatti concreti. Questa era la forza delle sue cronache, questo voler capire ad ogni costo anche chi si macchiava di delitti assurdi ed è per questo che i terroristi hanno deciso di eliminarlo, perché loro colpiscono proprio chi cerca di capirli, chi, con il ragionamento e le analisi, semina dubbi alla loro organizzazione. Tobagi aveva capito che il terrorismo poteva diventare il nemico numero uno della nostra democrazia ".
     Il giorno prima di essere assassinato presiedeva un incontro al Circolo della Stampa di Milano, per discutere il caso di un giornalista del "Messaggero" incarcerato perché aveva pubblicato un articolo sul terrorismo. Aveva parlato a lungo della libertà di stampa, della responsabilità di informazione del giornalista di fronte all'offensiva delle bande armate, domandandosi chi sarebbe stata la prossima vittima. Dieci ore più tardi, in quel tragico 28 maggio 1980, giaceva inerme sul marciapiede di Via Salaino, ucciso proprio da due rappresentati di quella buona borghesia milanese che negli anni Settanta si era vestita degli abiti stretti della rivoluzione.

 
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Biografia, Walter, Tobagi, Uccisione, Brigate, Rosse, Giornalista, Corriere della Sera, Salaino, Tabloid