Chi meno sa, più è utile e così, come nell’opera di Bradbury, i libri sono banditi per nascondere la storia ed i cittadini sono costretti a divertirsi al cinema odoroso, giocando a bridge musicale o ascoltando l’organo luminoso. Per qualsiasi leader sarebbe facile comandare una società planetaria fondata secondo i propri dettami e che soprattutto non ha nessuna possibilità di accedere a fonti di sapere storica o perlomeno fondanti un senso critico.
     La felicità di questo mondo è artificiale e per essere procrastinata nel tempo necessita dell’uso di droga, che si chiama “soma”. Solo pochi non fanno uso di questa sostanza ed uno in particolare sarà il protagonista della lotta al sistema vigente: Bernardo. Questo personaggio nella scala gerarchica era un alfa plus, vale a dire il massimo dell’intelligenza, e per questo motivo addetto a compiti di insegnamento e propaganda. Tuttavia era stato da ragazzo a visitare una tenuta di selvaggi nel Nuovo Messico e di quel viaggio poco si ricordava se non il fatto che l’unico legame con la storia si trovasse in questi posti remoti e proprio questa voglia di ritornare laggiù è la causa della sua avversione al Mondo in cui viveva e che con tutte le forze voleva cambiare.
     Tutti gli amici insospettiti si chiedevano cosa spingesse Bernardo a passare le vacanze in un posto così ostico e la sua risposta era sempre legata alla scusante del viaggio-ricerca che il ruolo sociale gli consentiva. A sua insaputa però, anche le alte direzioni sospettavano di quei viaggi e tramite i reports dei concittadini-spia scoprirono delle voci e dei pensieri che giravano intorno a lui, sfruttando la costruzione sociale sinottica (sorveglianza reciproca) per servire il panottismo fordista (visuale totale divina).
     Il direttore societario minacciò Bernardo con l’esilio e ci sarebbe riuscito sicuramente se, durante l’ultimo viaggio di Bernardo in quel posto infame non avesse fatto una scoperta strepitosa: il figlio del direttore. Agli occhi di tutti era forse uno dei reati più gravi commissibili. Tramite la prova di questo “reato” cominciò a diventare un idolo all’interno di una società che prima lo snobbava ritenendolo un soggetto socialmente pericoloso.
     Questo ragazzo, proveniente dalla riserva, ormai era uno dei pochi “vivipari” ancora esistenti, tipicamente umano e soprattutto istruito alla classicità, dal momento che si era formato autonomamente studiando le opere di Shackespeare e apprendendo così canoni di pensiero ormai desueti in quella società. Per tutti era “Il selvaggio”, sebbene a noi possa sembrare una persona normale del nostro tempo, solo ed esclusivamente perché aveva sentimenti e valori. Anche se l’epilogo sarà dato da un esilio coatto per entrambi, la vera fine riscontrabile è l’offesa rivolta alla cultura classica, impersonata per l’appunto dal selvaggio che finirà per diventare un fenomeno da baraccone. Si chiude proprio con la derisione questo romanzo ormai classico, la derisione del “selvaggio” perché troppo naturale e poco affine alle abitudini della società del Benessere. Ford e le sue teorie sono rinchiuse in questo mondo immaginario che l’autore concepì con tempestività. Nel 1957 scriverà la prosecuzione “ritorno al mondo Nuovo” con il rammarico che il futuro fosse arrivato in anticipo. Dovremmo leggere più volte questo libro per vederci in quella società e adattando i nomi degli oggetti al nostro tempo potremmo vedere quante cose sono presenti nel futuro che Huxley credeva, immaginava, si sarebbe avverato nel 2500 circa.
                                                                               Gabriele Antonietti

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