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ANCHE SE PICCINI… ASCOLTIAMOLI E PARLIAMOGLI
                                              di Graziano Paolo Vavassori - Direttore Responsabile

     Ormai ci siamo, ancora qualche settimana e chi la tiene più mia figlia? Siamo nella fase in cui è a quattro zampe e ha il popò in alto, deve solo capire come andare indietro, che è la prima fase, e poi andare avanti ed il gioco è fatto. Da quel momento non la si potrà lasciare più da sola.
     A nove mesi dalla sua nascita ancora mi ritrovo, durante la giornata, con un sorriso da ebete sul viso e mi rendo conto che stavo pensando al bellissimo e tenerissimo sorriso senza denti di mia figlia. A breve arriveranno anche quelli e sarà ancora più bella, ma significherà anche che sta crescendo; sta crescendo in fretta! Io sto facendo di tutto per godermi ogni momento della vita di Rebecca e posso definirmi particolarmente soddisfatto avendo la fortuna, in questo periodo, di poter lavorare da casa, dedicandole quindi parecchio tempo, tuttavia, chiaramente, lei sfugge via… cresce… ogni giorno impara qualcosa di nuovo ed è fantastico, ma significa, per lo più, che cresce…
     Dall’ultima volta che vi ho scritto di lei, Rebecca ha imparato molte cose: ora ha coscienza degli oggetti. Il ciucio, ad esempio, se lo gestisce da sola; lo prende lo gira come va messo e lo mette in bocca dalla parte giusta. Veramente fa anche di più, se lo toglie, lo appoggia in un punto che sa lei e poi se lo riprende sapendo dove lo ha posizionato precedentemente.
     Riservato alla mamma. Quando è nel lettino e vuole qualche carezza dalla mamma, nasconde il ciucio, ma lo nasconde bene, se riesce anche sotto al materasso, poi recita un pianto che non è un vero pianto, si capisce, serve solo per attirare l’attenzione, si mette persino a fare delle tossette, così arriva la mamma, come per giocare a nascondino trova il ciucio, un bacio una carezza e lei è contenta.
     Riservato al papà. Ci sono momenti in cui gioca, ci sono due momenti della giornata in cui si deve fare un breve riposino, dopo le quattordici e dopo le sedici; qui subentra il papà, l’addormentatore ufficiale. Pancia contro pancia, il suo braccino destro a penzoloni sotto alla mia ascella sinistra e la sua mano sinistra che svolazza alla ricerca di coccole. In verità è lei che fa le coccole a me, mi accarezza il viso molto delicatamente fissandomi con quei bei occhioni grigio/verdi, facendomi, a volte, addormentare prima di se stessa.
     Riservato al papà “due”. Cantiamo. Mia figlia intona una mònonota ed io la seguo, iniziamo e finiamo insieme la lunghezza della nota, guardandoci negli occhi. Lei è sicuramente intonata, non se ne va a spasso per le note, ne sceglie una la tiene perfettamente. Qui, ad onor del vero, c’è lo zampino della nonna, la quale da giovane girava i locali cantando cover e suonando la chitarra.
     Anche se piccoli, i bambini ci parlano e ci capiscono. Dobbiamo osservarli con attenzione e possiamo comprendere quello che hanno da dirci. Dobbiamo parlare loro quasi come fossero degli adulti perché loro ci comprendono molto più di quanto siamo portati a credere. Rebecca, ad esempio, la sculacciata sul popò – impercettibile considerato il pannolino – è un gesto simbolico che ormai comprende benissimo, così come sgridarla con un tono di voce autoritario. Certo, perché lei sa già indirizzarsi sui capriccetti, sa già che certe cose che vuole fare non sono da fare, scusate la ripetizione, ma vuole farle a tutti i costi, fino a che la sgridata la porta ad abbandonare l’idea. A volte si offende pure e lo dimostra corrucciando il viso. A nove mesi comunica con le espressioni del viso!
     Bisogna parlare loro, come detto testé, anche con discorsi complessi, raccontando ad esempio quello che si sta facendo in quel momento. È ovvio che loro non capiscono esattamente quello che dite, ma stanno imparando, credetemi, anzi, credete agli esperti, ai quali nemmeno io davo credito, fino a che non ho visto con i miei occhi. Il metodo tipico delle nonne, delle zie o di molte mamme, in certi casi veramente stupide, di mugugnare per comunicare, di urlare, di fare versi spaventevoli tali che a volte persino io, in un momento di soprapensiero, balzo in piedi dalla sedia spaventato, non portano beneficio all’infante, anzi, spesso si vedono i risultati di questo metodo: questi poveri bambini comunicano mugugnando, intonano una serie di versetti che non hanno senso anziché tentare di parlare con i vari mamma-mamma, pappà o babba, conec, conec, conec, o kaiak, kaiak, kaiak, accompagnando il tutto con dei gesti che rendo praticamente esplicito quello che vogliono dire. È ovvio che anche gli altri bambini, prima o poi, inizieranno a parlare, sì, ma, l’intelligenza la si deve anche coltivare, non cade dal cielo come la pioggia.
     Infine, non trasferiamo su di loro le nostre esigenze o le nostre impressioni, osserviamoli e lasciamo che siano loro e farci capire di che cosa hanno bisogno. Spesso la nonna dice che la mia Rebecca non ha dormito o non voleva dormire. Certo, se le continua a parlare tutti il giorno con la voce alta (è il suo modo di parlare) a due centimetri dalla faccia… spiegatemi voi come diavolo farà questa bambina a dormire… Mia moglie ed io lasciamo che nostra figlia si prenda dei momenti in cui non ha voglia di ascoltarti, non ha voglia di rumori, si accoccola in silenzio nelle braccia di turno, mamma o papà, anche delle mezz’ore se vuole, e poi o si addormenta o la si fa addormentare semplicemente mettendola nella posizione giusta, quella che lei, appunto, percepisce come status per dormire (comunicare anche senza la parola, come vi spiegavo prima), il tutto, naturalmente, condito con tante coccole.

 

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