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COSÌ… CI PASSA PURE LA VOGLIA DI COMPRARE
                                              di Graziano Paolo Vavassori - Direttore Responsabile

     Sono rimasto molto colpito da un fatto accaduto poco prima dello scorso Natale: si è scoperto che una pasticceria piuttosto famosa di Milano preparava i propri panettoni su una base che non produceva in proprio, ma che acquistava in grandi quantità da una industria.
     Che cosa c’è di male? La pasticceria in questione è una di quelle di prestigio, è una di quelle storiche del centro milanese, non si tratta di un mero rivenditore, non sono panettoni preconfezionati, sono panettoni artigianali, per lo meno così venivano spacciati e venduti; in sostanza non si tratta di panettoni da 10 euro, sono di pasticceria, quindi si presuppone che sia la farcitura, addirittura personalizzabile, sia la base, ovvero il panettone grezzo, siano fatti a mano, uno per uno, lì, dietro al negozio.
     È la crisi, presumo. Le truffe ci sono sempre state, ma ultimamente si stanno manifestando dei casi gravi di imbrogli per continuare a guadagnare come prima. Naturalmente stiamo parlando di prodotti che possono costare anche 8 volte di più di quelli da discount, giustificando il loro prezzo dalla opera manuale che richiedono per la preparazione. Questa attività è una di quelle che si è costruita una certa fama con il tempo, con una presenza pluri-decennale; i clienti nemmeno si chiedono più se ciò che comprano è buono, lo danno per scontato. Questo è un altro punto da sottolineare: possibile che nessuno si sia accorto che il loro panettone non era più quello di una volta? Possibile che non si siano accorti del sapore diverso della base, realizzata industrialmente e non artigianalmente? Questa è una grande pecca del consumatore moderno, il quale non valuta più il prodotto come si faceva in passato, guarda solo all’apparenza; anche quando se ne dovesse accorgere, se il fatto solo di acquistarlo accresce la propria immagine, piuttosto è disposto a sostenere a torto che ciò che ha è il migliore del mondo, guai ad ammettere che la propria scelta è errata.
     Passiamo dalla pasticceria ad un negozio di ottica, dove i protagonisti, stavolta, siamo mia moglie ed io. La necessità è quella di comprare un paio di occhiali da sole di una specifica marca, una marca di buon livello tecnologico ma priva di quel valore aggiunto (così si dice ma per me è una bufala da sempre) dato dall’immagine. Già sappiamo cosa comprare, in quanto dobbiamo sostituire gli occhiali che già possediamo con un modello sostanzialmente uguale, siamo infatti soddisfatti di ciò che abbiamo, tutt’al più questa esigenza nasce dal fatto che dopo qualche anno di utilizzo i segni dell’usura si fanno un po’ troppo evidenti.
     Al negozio individuato come rivenditore di questa marca di occhiali non troviamo proprio lo stesso modello, ma ne troviamo altri che fanno al caso nostro. Stiamo parlando di cifre non elevate ma di tutto rispetto, soprattutto in un periodo di calo evidente degli acquisti. Siamo intorno ai 40 euro al paio. Possiamo ritenerci dei cittadini che ancora sostengono i consumi, in quanto potremmo anche fare a meno di questo acquisto, oggi, essendo delle persone con un tenore di vita modesto.
     La commessa ci ha seguito con una certa distanza fin dall’inizio e, a scelta fatta, la preghiamo di aiutarci a concludere l’acquisto. Ovviamente, dall’enorme scaffale ricco di nicchie rettangolari abbiamo preso e ripreso e provato tutti gli occhiali che ci capitavano in mano, fino a trovare ciò che ci soddisfaceva… prendi, allarga, prova e riprova, posa e poi, per sicurezza, riprova ancora, insomma, lo facciamo tutti. Le cose vanno provate prima di essere acquistate. Bene, noto che la commessa si reca nei pressi dello scaffale e prende i due modelli che abbiamo scelto. “Mi scusi”, le domando, “ma non ne ha di già confezionati?” Naturalmente, visto quello che stava facendo la risposta è stata negativa.
     Onestamente non credevo alle sue parole, quindi ho ripetuto il contenuto della mia domanda incapsulandolo in una forma lessicale retorica: “davvero non ha in magazzino un solo paio di questi due modelli di occhiali, quindi dovrei acquistare questi esposti?” Mi sono girato verso mia moglie e sotto voce le ho espresso il mio dissenso, mentre stupito vedo che lei, in un primo momento, mi contrasta, ma rinsavisce quasi subito… “capisco che ne hai bisogno in quanto i tuoi sono rotti, capisco che ti piacciono, ma vuoi comprare un paio di occhiali che sono stati toccati, provati da decine di persone? Li hanno indossati, li hanno allargati, apri, chiudi… sei sicura?”
     Mi rivolgo alla commessa, saluto e me ne vado. Il suo viso ha assunto l’espressione di stupore prima e di delusione dopo. Che azzardo! Scusate! Capisco che c’è crisi, comprendo che nessuno in questo momento desideri diminuire la propria liquidità facendo del magazzino, mi sta bene essere un po’ più elastico, ma che un ottico non abbia almeno un modello confezionato in magazzino di un prodotto esposto del valore di 40 euro in quanto teme che gli resti sul groppone… Per l’esercente non è una cifra elevata, per me sì, nel senso che per 40 euro io pretendo un prodotto confezionato, immacolato. E poi è una questione di principio, io pago per un prodotto nuovo, perché devo accettare di acquistare qualcosa che è già stato maneggiato da molte altre persone? E si tratta di roba che si indossa… non è una cazzuola.
     Insomma, tutti si lamentano del calo dei consumi, ma non è giusto che la crisi venga scaricata solo sui consumatori. Per sopperire al calo delle vendite i commercianti hanno aumentato il listino prezzi o diminuito il servizio, oppure entrambe le cose, e hanno peggiorato la qualità della vendita, se non la qualità del prodotto stesso.
     Questo esercente ha perso una vendita di 80 euro per non “fare magazzino”, non è che questo calo delle vendite sia dovuto non tanto a noi, che compriamo meno, ma al fatto che il pessimo servizio ci spinge a non acquistare? Ricordiamoci che comprare è anche una espressione di piacere (“I love shopping", ovvero, il brivido di comprare e altre futili amenità), un divertimento, non esclusivamente una esigenza dalla quale non si scappa. Attenzione esercenti che vi fate male da soli!

 

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