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DIVENTARE PAPÀ: VIVERNE TUTTI I MOMENTI
                                              di Graziano Paolo Vavassori - Direttore Responsabile

     Il 31 luglio sono diventato papà. Difficile descrivere quello che ho provato e ciò che provo tutt’ora. Io non ho mai compreso granché delle donne e ho sempre pensato che non fosse facile capire se si ama veramente una donna, ma da quando sono papà trovo che il difficile sia proprio ora che nella mia vita c’è Rebecca Temperance Vavassori.
     Intendiamoci, non è che ci siano dubbi sui miei sentimenti nei suoi confronti, ci mancherebbe, la amo a prescindere, fin da quanto era nella pancia della mamma e già giocavo con i suoi piedini che deformavano la rotondità del ventre di mamma, è solo una questione di rendersene conto e di poterlo descrivere.
     Questa mia avventura straordinaria è iniziata all’ospedale San Paolo di Milano. Innanzitutto devo ringraziare tutte le persone addette che ho conosciuto, perché è stato un piacere concludere la maternità con il loro supporto. È vero che hanno fatto il proprio lavoro, è vero che hanno fatto ciò per cui sono pagati, tuttavia, in un mondo dove molti tendono a fare il minimo indispensabile con il minimo sforzo, loro meritano un encomio.
     Poi c’è da lodare la struttura, politicamente molto incentrata sull’infanzia. Sì, al San Paolo, il reparto infanzia, è molto avanzato ed efficiente, partendo dalla struttura di procreazione assistita fino al semplice percorso travaglio e parto, passando da vari corsi di formazione, assistenza, supporto e servizi, come la possibilità di effettuare il travaglio in acqua. Infine, c’è la possibilità di seguire completamente ed in ogni dettaglio le fasi della nascita di un figlio, una opzione non disponibile in tutti gli ospedali della Lombardia. Questo è quanto mi è piaciuto di più. Questo è quanto ho ricercato nella scelta della struttura per la nascita di mia figlia.
     Seguire appieno la nascita del proprio figlio, certo, è una scelta. Si pensa al video o alle foto, va bene, è un classico. Il mio pensiero è ben più esteso, a cominciare dalle temibili doglie. La propria compagna ha la necessità di un supporto psicologico, in quanto fisicamente non c’è molto da fare per alleviarle il dolore e la fatica. L’esserci, la partecipazione, le cose pratiche come darle un bicchiere d’acqua, è tutto importante se la coppia non è scoppiata.
     Prima o poi… giunge la fase finale delle doglie e ci si avvicina al parto vero e proprio. Il papà è indispensabile anche per aiutare a “spingere”, sostenendo la schiena della mamma, aiutandola ad assumere determinate posizioni così come ci hanno insegnato al corso pre-parto. E, alla fine, ecco il momento della nascita.
     Personalmente ho vissuto (sto cerco di barcamenarmi nello descrivere ciò che ho provato) appieno il parto; per aiutare mia moglie, che non vedeva l’ora di finire, le spiegavo che quando spingeva io già vedevo il testino di Rebecca uscire parzialmente dalla vagina. Ad un certo punto eccolo… è uscito del tutto, ma mia moglie non credeva che stesse nascendo, diceva no, no, mentre io invece la contestavo, sì, sta uscendo… e poi, il corpicino ha superato il pertugio, è nata… la mia partecipazione è stata tale che mi sono messo a piangere quando Rebecca è stata appoggiata sul seno della madre, la quale, finalmente, ha smesso di soffrire. Una emozione grandissima, un momento straordinario, difficile da razionalizzare anche con il senno di poi.
     È nata Rebecca… significa che da quel momento ho potuto vederla con i miei occhi, il viso, il nasino, i piedini, le manine, com’era piccola, tra l’altro, essendo di soli 2,450 Kg. Ho potuto tagliarle il cordone ombelicale, un momento unico, come il primo bagnetto, dopo di che “ciapa”, l’infermiera, appena infagottato ben bene il pargolo, me lo ha letteralmente lanciato nelle braccia; mi sono ritrovato con questo peluche di carne in braccio e ho pensato “adesso che cosa faccio?” Nulla, me lo guardo per bene e vivo questa emozione intensa attimo dopo attimo, tuttavia, inconsapevolmente, stavo contribuendo ancora una volta al buon proseguimento della procedura: io mi occupo della bambina mentre il personale infermieristico si aggira intorno a mia moglie, perché dopo il parto c’è un sacco di lavoro da fare da parte dell’ostetrica e delle sue assistenti.
     C’è un risvolto amaro in tutto questo, il quale, personalmente, non mi tocca, ma che ho potuto notare: l’indifferenza e l’apaticità di molti padri. Nessuno discute sul fatto che ci vuole un po’ di buon stomaco nel vedere nascere un bambino dal vero, se non ce la si fa nessuno va biasimato, ma tutto il resto è indispensabile, la nascita di un figlio non è una competenza esclusiva della madre.
     Complice forse la sera tarda, Rebecca è nata alle 22:15, non c’erano molti papà con le altre partorienti. Ho osservato non poche donne sole, magari fortunatamente accompagnate dalla mamma o dalla sorella, mentre i papà? Dove diavolo erano? Come hanno potuto perdersi un momento praticamente unico della loro vita? Da dove viene tutta questa leggerezza e, soprattutto, ma che diavolo avevano da fare di così importante?
     Io so solo che sono stato felice di aver visto tutto e sono ancor più felice oggi che Rebecca cresce nelle mie braccia mentre le do il biberon o le faccio il bagnetto o ci facciamo una bella dormita insieme sul divano, per questo tutt’oggi non mi voglio perdere un attimo di vita con lei.
     Che tipo di padre potrà mai essere colui che non è stato presente durante la nascita del proprio figlio? Eppure non è difficile essere un buon padre, basta seguire le dieci regole riportate di seguito, stilate da Claudio Risé e Annapaola Primavesi, psicologi, autori di molti saggi sulle conseguenze dell’assenza dei padri nella crescita dei figli. Chiaramente, per seguirle si deve essere meno egoisti, ma mettere al mondo un figlio non è forse un atto di altruismo?

     1) Accompagna spesso i tuoi figli a scuola.
     2) Dialoga e studia con loro quando puoi.
     3) Insegna loro a gestire al meglio il tempo per evitare che lo perdano fra TV e giochi elettronici.
     4) Fai capire ai tuoi figli l’importanza dell’esercizio fisico e del riposo.
     5) Incontra gli insegnanti, partecipa attivamente alle attività proposte dalla scuola, conosci gli altri genitori senza delegare tutto alla madre.
     6) Cerca di essere un buon modello ricordandoti che “l’esempio vale più di mille parole”.
     7) Dedica ai tuoi figli tempo e qualità.
     8) Interessati alla vita emotiva di tuo figlio non come amico, ma come una guida, senza mai giudicare, piuttosto esprimendo il tuo punto di vista.
     9) Non pontificare, sii un buon osservatore e ascoltatore.
     10) Poni dei limiti educativi (per esempio il rispetto dell’orario del rientro a casa) e cerca di farli sempre rispettare (altrimenti perdi di credibilità). Sono i famosi “no” che fanno crescere.

 

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