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NON DIMENTICHIAMOCI DELLA FORTUNA CHE ABBIAMO
                                              di Graziano Paolo Vavassori - Direttore Responsabile

     Qualche settimana fa, in un giorno come un altro, mi trovavo in una sala di attesa in un ospedale di Pavia al fine di ritirare l’esito di comuni esami del sangue di mia moglie quando mi ritrovo in mano una rivista periodica proprio dell’ospedale. In questo giornale di trenta pagine ho letto di efficienti servizi, di progetti futuri e di ricerca in ambito medico e mi sono detto: “accidenti quanto siamo fortunati, viviamo in un Paese dove quasi ogni malattia è curabile.”
     Sì, di questo vi voglio parlare. Sento che tutti si lamentano di questo e di quello, quando invece dovremmo tutti imparare ad apprezzare quello che possediamo e la fortuna che abbiamo vivendo in un Paese del genere. Le migrazioni di massa in Italia non sono certo un caso. Pensiamo a quanta gente vive in un luogo dove è difficile sopravvivere perché non si ha la certezza di mangiare ogni giorno, dove non è permesso esprimere un proprio parere, dove non vi è la possibilità di scegliere. Noi, invece, che abbiamo il coraggio di lamentarci, se ci ammaliamo qualcuno ci può curare, possiamo scegliere di studiare o lavorare, abbiamo del tempo libero per divertirci, ci possiamo muovere come e quando vogliamo, possiamo esprimere delle opinioni, anche scioperando o manifestando in piazza, insomma, siamo liberi.
     Non tutti per fortuna e che nessuno si offendi, ma siamo dei poveri ignoranti. Ci lamentiamo sempre, vorremmo avere tre auto, una casa da Vip, una TV LCD ultrapiatta in ogni stanza della casa, il cellulare di ultima generazione, arrediamo le nostre case facendo scegliere ad un architetto, perché l’importante non è che piaccia a noi, ma che sia all’ultima moda per fare gli “sboroni” di fronte agli amici che ci vengono a trovare, con il risultato che le stanze appaiono così non vissute e asettiche da sembrare una sala operatoria. Senza contare che vogliamo tutti essere ricchi come Berlusconi, invidiandolo, sebbene ogni giorno lo malediciamo, e viviamo al di sopra delle nostre possibilità. Compriamo tre metri di cucina di marca e spendiamo 12.000 euro, e pensare che nemmeno la usiamo perché ceniamo fuori durante l’happy hour, rigorosamente ognuno con i propri amici, o un divano a due posti all’ultima moda per 3.500 euro, tanto bello che non puoi nemmeno appisolartici sopra perché dalle ginocchia in poi c’è il vuoto.
     Siamo malauguratamente convinti che la felicità provenga dalla ricchezza, più si ha più si è felici e se non si può diventare abbienti compriamo più di quanto ci serve facendo dei debiti, comprando a rate. Incoscienti sono quelli che si comportano in questo modo, ma, peggio, lo sono i genitori che si fanno carico delle rate che i figli non riescono più a pagare… e per cosa poi, per guarire da un brutto male? Assolutamente no, per cambiare auto dopo tre anni perché è in arrivo un bebè, in quanto la 5 porte non va più bene, ci vuole un SUV. Per la cronaca, visto che molti la pensano in questo modo, lo Sport Utility Vehicle, ha un baule più corto di una normale berlina del gruppo C ed è molto più scomodo avendo la soglia di carico molto alta… “ma a chi la volete dare a bere!”
     Il segreto della felicità è accontentarsi, apprezzare quello che si ha, ricordandosi che c’è chi sta peggio. È giusto avere certamente una vita comoda in quanto l’Italia è un Paese ricco, non è necessario tornare all’epoca delle candele per illuminare la casa, ma senza strafare, senza sprecare, vivendo nella sobrietà e con ciò che veramente ci serve. Mentre molti si abbuffavano durante le feste natalizie, mangiando tre volte il proprio fabbisogno, stando magari anche male i giorni seguenti, c’era chi la notte di Natale non ha potuto nemmeno mangiare, perché ha perso il lavoro nel 2010 e non pagando il mutuo ha perso pure la casa e ora dorme in auto, se è fortunato.
     Poi c’è l’amore, anzi, dovrebbe essere in cima alla lista dei desideri di ognuno, ma forse pretendo troppo da chi mi legge. Non diamo per scontato chi ci sta accanto e non ricordiamocene giusto in occasione delle festività, facciamolo tutti i giorni. Non serve farle un regalo ogni giorno, basta ascoltarla, ricordarle che è importante per te e regalarle un po’ di tenerezza quotidianamente. Qual è la vita più bella, quella modesta con una moglie che ti ama, con la quale ogni sera ceni raccontandole della tua giornata, ascoltando la sua giornata e chiacchierando con i tuoi figli in una casa vissuta… o una vita da riccone, mangiando sempre fuori perché è comodo e te lo puoi permettere, naturalmente da solo o con gli amici, vivendo più al lavoro che a casa, perché ti sei sposato il lavoro e perché per aumentare sempre di più il tuo inutile tenore di vita devi guadagnare di più ancora, devi fare carriera, devi acquistare altre cose non necessarie pensando di essere felice, mentre i tuoi figli che vedi mai crescono, trovandoteli un giorno adulti e tu, che caschi dalle nuvole, nemmeno sai qual è il loro colore preferito, oppure un giorno scopri che tua moglie, alla quale non hai mai dedicato troppo tempo se non quando eravate fidanzati e andava conquistata, se la fa con un uomo più brutto di te e ti domandi “perché, che cosa avrò mai fatti per meritarmi questo? Io che sono solo un padre assente ed ultimo in classifica per tenerezza nei confronti di mia moglie, alla quale non ho mai fatto mancare nulla (regali, auto, vestiti ecc…)?”
     In ultimo, sempre pensando a quanto siamo fortunati ma non ce ne rendiamo conto, conosco dei ragazzi fortunatissimi che si lamentano di avere un lavoro a tempo indeterminato e di guadagnare solo 1.400 euro al mese appena assunti, come se là fuori sia semplice trovare una occupazione di pari contratto e, considerato le loro capacità, possono tranquillamente guadagnare molto di più, perché è loro convinzione che meritano di più. Sapete invece qual è il colmo, è che io conosco veramente alcuni di questi ragazzi e nemmeno si meritano il posto che hanno. Sono ignoranti nel vero senso del termine, non sono in grado di effettuare un ragionamento complesso, non conoscono l’italiano e quando scrivono c’è da mettersi le mani nei capelli, hanno grosse difficoltà matematiche anche per operazioni elementari e non sono in grado di parlare al telefono con un cliente, il quale non può essere trattato come faresti con il tuo amico al bar. Se c’è un problema da risolvere con un cliente e, naturalmente, loro non sono in grado di risolvere, si fanno negare al telefono. Ecco, questi imbecilli che si lamentano pure meriterebbero un lavoro a catena in fabbrica, anzi, temo che si farebbero pure male. E pensare che in fabbrica, se sono fortunati ed hanno un lavoro, ci sono ragazzi in gamba che potrebbero rendere 10 volte di più di questi immeritevoli negli uffici, anche perché in Italia si assume solo laureati in università prestigiose o raccomandati, la meritocrazia è un concetto fantasma.
     C’è da dire che, sempre in quanto non ci si accontenta, tutti oggi vogliono lavorare in ufficio. Premesso che si dovrebbe fare un lavoro in relazione alle proprie capacità e non è detto che un laureato sia in grado di svolgere una mansione in ufficio, è giusto che un giovane tenti di scegliersi il posto di lavoro, ma se il posto non c’è o se non lo si riesce a conquistare, ad un certo punto ci si deve rassegnare, non è che si può trascorrere la vita intera sulle spalle dei genitori perché non si trova “proprio quella occupazione, quello stipendio e che non sia troppo lontano da casa!” E dopo, nient’altro?
     Ci sono in Italia decine di migliaia di posti di lavoro liberi: fornai, pasticceri, muratori, tornitori, artigiani storici che non trovano un giovane al quale insegnare la propria esperienza, ma nulla, questi viziati non intendono sporcarsi le mani o umiliarsi con un lavoro simile, sebbene lo stipendio sia anche più alto dell’impiegato in ufficio. Poi c’è da lavorare al sabato, in alcuni casi anche di domenica, non se ne parla. A questo punto mi viene in mente un mio caro amico che ha molto da insegnarci. Lui è un cuoco, anche molto bravo, con tanta passione; bravura e passione vanno sovente a braccetto. Nel momento in cui ha deciso di realizzare un tassello importante della propria vita, ovvero comprarsi casa, si è reso conto che il suo stipendio era veramente molto esile, quindi, a malincuore, ha cambiato lavoro, è andato a lavorare per una ditta di serramenti, che ha sempre bisogno di dipendenti per la grande mole di lavoro. Questa occupazione non gli piace, ma la paga è molto buona e ha potuto accendere un mutuo per comprarsi la casa. Un giorno, quando avrà messo via una certa sommetta, tornerà a fare il cuoco, la sua grande passione. Bravo!

 

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