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NON SI MANGIA CON LA PAROLA DI DIO
                                              di Graziano Paolo Vavassori - Direttore Responsabile

     Io sono per il “Vivi e lascia vivere”. Fino a che la Chiesa predica amore, carità, bontà, riconoscenza, altruismo… sono perfettamente d’accordo, anche se personalmente sono ateo. Stavolta, tuttavia, in merito alla questione finanziaria che ha sconvolto il mondo e dalla quale non ne siamo del tutto usciti, Papa Ratzinger ha raschiato il fondo del barile dell’utopia.
     “I soldi sono niente, solo la parola di Dio è una realtà solida” ha dichiarato il Papa in apertura dei lavori del sinodo dei vescovi sulla Bibbia. Ci vuole un bel coraggio a parer mio urlare tutta questa illusione nella testa dei Cristiani che ci credono, e ci credono purtroppo. Brutalmente: “con la parola di Dio non si mangia”. Con questo non intendo dire che il denaro e la carriera siano gli elementi più importanti nella vita di una persona, anzi, ma per vivere in questo mondo si è obbligati a crearsi un minimo di stabilità economica, raggiungibile solo con un sicuro posto di lavoro.
     Ribadisco che siamo costretti! Se il mondo fosse un campo da calcio, non è possibile pretendere di giocare con una mazza da baseball. Si deve correre e prendere il pallone con i piedi. È vero, il mondo è sbagliato, l’essere umano ha fondato la propria società sul denaro, tuttavia noi, se vogliamo sopravvivere, ci dobbiamo adeguare. C’è un limite in tutto: non si può vivere senza soldi se per mangiare, per curarci e per proteggerci abbiamo necessità di denaro; parallelamente è sbagliato che coloro i quali possiedono tanto finiscano nel baratro di chi vuole sempre di più.
     Illudere i poveri che con la parola di Dio si sta meglio che con le spalle economicamente coperte ha la valenza della morfina per un malato terminale. Se a fine mese non hai i soldi per pagare il mutuo, cari miei credenti, la banca ti porta via la casa, Cristiano, Musulmano, Ebreo o Ateo, non fa differenza. Il problema non sono i poveri; non sono i poveri che devono credere in Dio, sono i ricchi che devono farlo. Se così fosse non ci sarebbero gli evasori fiscali, i politici farebbero veramente l’interesse della comunità ed avanzerebbe del denaro che servirebbe per assistere coloro che non hanno veramente da mangiare. Questa è solo una delle strade possibili, perché ce ne sono tante. Senza attendere gli altri, senza confidare in sistemi politici societari, una persona abbiente, volendo, può investire in strutture assistenzialistiche che, in ogni caso, producono reddito. Il problema fondamentale è che se un’operazione commerciale rende poco non la si fa, perché si deve a tutti i costi conseguire il massimo guadagno possibile. C’è gente talmente piena di soldi, ma veramente ricchissima che… innanzitutto non se li gode nemmeno, nemmeno si prende una vacanza per non allontanarsi dal lavoro; poi ci sono quelli che delinquono, pur miliardari, rubano e imbrogliano perché non ne hanno abbastanza.
     L’avidità è forse il male peggiore del mondo. Io, come dicevo, sono ateo, dunque sono forse cattivo? Ho conseguito una buona posizione lavorativa, non sono povero, ma nemmeno ricco, devo stare attento e pianificare bene le mie spese perché anche io pago il mutuo di casa mia. Per ottenere tutto questo ho dovuto lottare molto, fin dall’età di 15 anni; secondo Ratzinger ho inseguito, sbagliando, il sogno del lavoro, della carriera, ho costruito un castello (scusate diciamo una capannina) sulla sabbia, perché il denaro, gli averi non sono realtà, la realtà è la parola di Dio. Da che pulpito direi, visto che il Vaticano si sostenta con una immensa ricchezza fatta di proprietà e di denaro, visto che il denaro delle offerte alimenta l’industria Vaticano, visto che il Papa non se ne va in giro con vestiti modesti, ma porta anelli costosissimi che sfamerebbero chissà quanti bambini dei paesi poveri. Non crediate che la curia si sfami con due uova sode (avete mai visto un cattolico magro? Io sì, diversi, ma si trattava di frati o preti che hanno fatto il voto di povertà)… il bello è che i giornali ci spiattellano in faccia le cene sontuose della curia in varie occasioni o ricorrenze. Alla faccia!!! La curia di Bergamo, solo per fare un esempio, ha un potere economico e una ricchezza da fare invidia a molti industriali. “Si chiamano finanza, imprenditoria e curia: ecco i poteri forti della città di Bergamo” recitava un articolo di un quotidiano locale in data 15 febbraio 2008. Sono le parole di Roberto Trussardi e Luigi Nappo, ex assessori all’urbanistica. Oppure: “La ricchezza esagerata del clero di Bergamo è uno stereotipo. Ma dalle tabelle spuntate in Internet, quella che molti ritengono sia solo una provocazione dei soliti laici convinti trova fondamento. Basta, infatti, gettare un’occhiata ai dati relativi agli enti “non commerciali”per capire quanti soldi possa amministrare la Curia orobica. A far la parte del leone l’ “Istituto diocesano per il sostentamento del Clero” che in un solo anno dichiara, udite udite, 4 milioni e 79 mila euro più qualche monetina.” (“Il nuovo giornale di Bergamo” del 3 maggio 2008).
     Io non credo in Dio, io credo semplicemente nel bene, nella verità, nell’amore e nella passione, la quale permette di aiutare gli altri. La passione è la forza dei volontari che si prodigano nei servizi sociali per i quali tutti ne beneficiamo, che può essere il volontario in Croce rossa o semplicemente colui che si prende cura del bosco comunale di Filago, per fare un esempio concreto, ma, innanzitutto, per poter aiutare gli altri è necessario trovare un proprio equilibrio mentale, che inizia con una situazione economica soddisfacente. Non esiste un ammontare di denaro che demarca la tranquillità personale, ognuno ha la sua soglia (molti non l’hanno) sotto della quale è difficile poter aiutare gli altri in questo mondo che si muove con le “Borse”.

 

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