MA BERGAMO AVVERTE LA VERA CRISI ECONOMICA?
                                              di Pierluigi Piromalli

     Un curioso interrogativo aleggia su Bergamo e sulla sua opulenta provincia, soprattutto quando si discorre di crisi economica e dei contraccolpi che essa sta generando in tutti i settori della vita pubblica e privata. Personalmente, e questa è la domanda che da uomo della strada mi pongo da un po’ di tempo, nutro dubbi e perplessità sulla portata dirompente della recessione economica in territorio orobico e ciò accade quando mi capita di osservare le abitudini al consumo, sicuramente modificate, ma non troppo a giudicare dal coefficiente di riempimento dei carrelli della spesa e “dall’assalto alla diligenza” per quanto concerne prodotti ed articoli non di prima necessità.
     Da una parte, e questo è un dato incontrovertibile, gli organismi certificati che analizzano le medie dei consumi della popolazione attestano che la crisi sia molto severa avendo inciso nel settore occupazionale, generando emorragia di posti di lavoro, esodi, ricorso alla cassa integrazione da parte dei gruppi industriali e sostanziale sofferenza di liquidità. Basti pensare che in provincia di Bergamo, secondo le recenti stime, hanno perso il lavoro migliaia di lavoratori con coinvolgimento di un rilevante numero di imprese fallite o ammesse alle procedure concorsuali e con altrettanto significativo numero di soggetti che utilizzano gli ammortizzatori sociali. Il ricorso alla cassa integrazione ordinaria e straordinaria vede sempre più aziende coinvolte, senza tralasciare quelle che hanno optato per la cassa in deroga e per la mobilità. Si consideri poi la crisi che ha investito grandi realtà come la Prefabbricati Cividini, la Fumagalli Edilizia, il gruppo Lombardini e la stessa Italcementi, tanto per fare qualche nome illustre, per capire come la recessione incida profondamente nella gestione aziendale e conseguentemente ed inevitabilmente si rifletta nella vita sociale. Insomma, ce ne sarebbe abbastanza per preoccuparsi seriamente e per chiedersi quali scenari futuri ci attendono se si considera che per ora, a quanto asseriscono gli stessi leader europei, non si intravede la luce in fondo al tunnel ed anzi continuano a paventarsi rischi di tenuta del sistema finanziario, che impongono manovre economiche sempre più incisive per salvaguardare il bilancio dello Stato.
     D’altra parte, però, uscendo dai grandi temi dell’economia e rivolgendo lo sguardo verso i grandi centri commerciali, veri termometri della capacità di spesa e indiscussi totem del consumo, pare che la crisi, nonostante i numeri dicano il contrario, si sia fermata alla periferia orobica o quantomeno ne sia

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