con tutti i suoi annessi e connessi!
     Peraltro, per dirla tutta, un tale scenario apparentemente assurdo non è poi detto che tale resti, in futuro, se la crisi dell’editoria dovesse prolungarsi e malauguratamente peggiorare. Il recente caso del fallimento di Dalai Editore – ex Baldini&Castoldi – un nome storico del comparto editoriale italiano e non certo una piccola realtà aziendale, ha drammaticamente dimostrato come il “palazzo” dell’editoria nostrana non sia certamente più solido come un tempo e come a volte ci viene fatto credere. Se Dalai non rappresentava una parte delle “fondamenta” di quel palazzo, ovvero il gruppo dei quattro principali gruppi editoriali italiani, nell’ordine Mondadori, Rizzoli, Mauri Spagnol e Feltrinelli, che da soli controllano il 70% del mercato, certamente era un bel pilastro; tuttavia, nemmeno le suddette fondamenta paiono solide come un tempo, visto che Rcs Rizzoli ha iscritto nel bilancio 2012 debiti per oltre mezzo miliardo di Euro, certo, non noccioline nemmeno per un gigante industriale di quel calibro…
     Posto tutto ciò, viene ora da chiedermi una conseguente domanda, che vi propongo in considerazione di come il libro e la letteratura, dunque il comparto editoriale, sia il principale e più popolare segno di “cultura” diffuso nella nostra società: “cosa siamo disposti veramente a fare per difendere la cultura?” Ovvero, per porre la stessa questione da un punto di vista complementare: la cultura va difesa a ogni costo, certamente, ma “per chi e per quanti” la si deve difendere?
     La cultura e, appunto, la lettura di libri, il primario esercizio culturale che noi tutti si possa mettere in atto, come dicevo poc’anzi, è fondamentale per ogni civiltà che si voglia definire realmente tale; di contro, nella nostra epoca contemporanea ricca di difetti e storture, è la domanda che regola l’offerta di un bene e se non c’è la prima inevitabilmente la seconda diviene non sostenibile.
     Bene (anzi, male!), con la crisi profonda che attanaglia la nostra società e che risulta particolarmente dura per il comparto editoriale, da anni in costante calo di vendite e di fatturati o, se preferite, in costante aumento di debiti, come la suddetta Rcs dimostra, è tanto spaventoso quanto realistico sostenere che, oggi, se il mercato dell’editoria svanisse domani mattina, il danno economico generale non sarebbe affatto grave e, forse è anche per questo, che la politica ormai da anni non muove un dito per sostenere l’editoria e il settore culturale in genere, piuttosto configurandosi spesso come un elemento repressore degli stessi, basti pensare ai costanti ed efferati tagli di fondi! Non solo, come ha ben sostenuto Mario Vargas Llosa nel suo recente “La civiltà dello spettacolo” (Einaudi 2013), buona parte dei libri editi che oggi vendono di più e che quindi

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