ha mai abbandonato la propria coerenza ed intransigenza di posizioni rigorose, sebbene non sempre comprensibili in un momento di difficoltà del Paese, e il decesso della politica “old style” ormai incapace di virare verso il riformismo istituzionale e priva di quella sensibilità a comprendere i sentimenti dell’elettorato.
     Grillo, in realtà, si sta affermando come il nuovo leader della sinistra italiana - ruolo che sarebbe potuto appartenere a quel Matteo Renzi, il vero alfiere che fu decapitato dai “lungimiranti” caporioni del PD, e che forse avrebbe salvato il partito - che consolida la posizione grazie ai continui strappi tra gli schieramenti, protesi a farsi i dispetti, ma inconsapevoli di questo effetto riflesso.
     In tutta questa grottesca vicenda, che esprime uno dei punti più bassi e deprimenti della Repubblica, cade ancora in piedi il leader di centrodestra, che già chiedeva la ri-candidatura di Giorgio Napolitano o almeno la mediazione del capo dello Stato uscente per trovare una figura che fosse condivisa.
     Le macerie sono tali che è difficile perfino dire chi ne sia uscito sconfitto da questa vicenda; cercare il capro espiatorio serve solo ad alimentare suggestioni ma non cancella il problema di fondo, vale a dire l’esistenza di guerre intestine in atto nelle aule parlamentari e soprattutto tra le contorte anime del Partito Democratico. Rimane da capire se dopo questi sfaldamenti e manifestazioni di vanità, frutto di una miscela di presunzione e dilettantismo, sarà possibile recuperare la credibilità necessaria per individuare il premier che dovrà adesso, dopo la rielezione di Napolitano, formare il nuovo governo, ormai atteso da due mesi. Enrico Letta sarà la risposta che tutti cercano?
     Eppure, prima delle elezioni, sembrava che i peana per Bersani suonassero all’unisono, in quanto si coglieva la realistica speranza di una significativa vittoria elettorale, ma il sostanziale insuccesso delle urne, che è stato speculare al flop inevitabile di Berlusconi, ha condotto al tramonto di ambizioni personali a lungo coltivate e ha scoperchiato le differenze che esistono nel gruppo dirigente. Troppe faide interne, troppi contrasti e troppe anime critiche hanno contribuito ad indebolire progressivamente il ruolo di Bersani, giunto isolato alla prima grande verifica e fondamentalmente perdente nella ricerca di una possibile coalizione per formare il governo delle larghe intese, che sembra costituire oramai la soluzione inevitabile.
     Insomma, troppi regolamenti di conti hanno decretato l’inconsistenza dei partiti trovatisi in uno dei peggiori momenti storici del Paese ed impauriti ad

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