scrive, non va inquadrato tanto nella difficile coesistenza tra contesti residenziali e aree dedicate all’intrattenimento, con tutto ciò che ne consegue, bensì al diffuso malvezzo e all’ormai palese abuso di situazioni che giustificano lo schiamazzo continuo che si diffonde per buona parte della notte, invadendo, appunto, la sfera privata dei cittadini.
     È una questione di cultura, educazione e rispetto verso gli altri, ovvero di quei princìpi basilari che purtroppo, in particolar modo nel nostro Paese, vengono facilmente dimenticati dalla maggior parte delle persone che soffrono di amnesie da serata danzante, salvo poi ricordarsene ed insorgere quando si capovolgono le situazioni e si trovano in situazioni rovesciate. Accusare, quindi, una comunità di ignoranza, banalizzando il problema o, addirittura, volendolo strumentalizzare, appare più una difesa di interessi personali che un reale sfogo finalizzato a far emergere intolleranze e mal di pancia gratuiti.
     Nessuno mette in discussione la necessità e il desiderio di rendere vivaci, nei limiti della sopportazione, i quartieri cittadini, anche nelle ore notturne, offrendo alla comunità la possibilità di partecipazione e coinvolgimento, ma, se l’esempio del Loft poteva costituire un’eccezione riconducibile ad un problema di zonizzazione acustica, resta il fatto che buona parte delle attività cittadine gestite da bar, pub e locali similari seguono tutt’altro andazzo, che nulla ha a che vedere con la promozione di nobili intendimenti culturali.
     Le cronache urbane raccontano di periodiche proteste di cittadini o comitati di quartiere che lamentano una costante situazione di disturbo – talora infarcito di litigi e risse – riconducibile a gestioni “allegre” e disinvolte (vedasi il Copacabana nella zona del Triangolo) e difficilmente si può pensare che la colpa sia dell’intera popolazione improvvisamente travolta da appiattimento collettivo e azzeramento di qualsiasi stimolo culturale.
     È evidente che il problema esiste e riguarda abitudini non corrette dello stare insieme. La verità, e non è solamente il caso di Bergamo, è che l’imbarbarimento sociale e l’aggressività collettiva, coniugati alla perdita di quei valori fondanti che dovrebbero governare il vivere civile, hanno purtroppo preso il sopravvento e il popolo della notte si è arbitrariamente impossessato del tessuto urbano come se questo fosse di sua esclusiva fruizione.
     Nella percezione del divertimento collettivo non c’è spazio per i vilipesi occupanti di condomìni ed edifici limitrofi che vengono dimenticati dalla fauna notturna. La movida dei Navigli della vicina Milano, da sempre simbolo della vita notturna meneghina, testimonia, da sola, la degenerazione dello spirito

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