PORTA SUD, EX RIUNITI E TEATRO DONIZETTI, NODI DA SCIOGLIERE
                                              di Pierluigi Piromalli

     L’operato dell’Amministrazione cittadina è da tempo sotto la lente d’ingrandimento dell’opinione pubblica e dei mass media locali, soprattutto per quanto riguarda la programmazione di interventi di riqualificazione urbana. In particolar modo, sono tre i temi che oggi catturano l’attenzione della cittadinanza, ovvero il recupero del Teatro Donizetti, quello dell’area degli ex Ospedali Riuniti ed il progetto Porta Sud.
     Per il teatro cittadino si discute di un intervento meno complesso rispetto agli altri due sopra citati, tuttavia, esso assume un alto valore rappresentativo per la città, in quanto costituisce un indubbio riferimento architettonico e culturale del centro urbano e, come tale, non può essere ignorato né sottovalutato. Per il recupero della struttura si parla di circa diciotto milioni di euro, i quali, secondo un più articolato progetto di intervento, dovrebbero essere coniugati al contestuale rilancio urbanistico del Sentierone, di Piazza Dante e dei giardini del Donizetti. É ormai condivisa la necessità di procedere al restauro di un complesso tecnologicamente superato che richiede adeguamenti imprescindibili e che appare inadatto a sostenere una vita culturale intensa che Bergamo spera di continuare ad avere e ad accrescere.
     Nell’ottica della tanto decantata speranza che Bergamo possa assurgere agli onori di ricevere l’investitura di Capitale Europea della Cultura, è evidente che una profonda ristrutturazione di un immobile di indubbio pregio appaia indifferibile dal momento che solleciterebbe anche interventi e abbellimenti sul contesto adiacente, aumentando il fascino del centro cittadino.
     Se per il Donizetti il problema è circoscritto a tempistica e risorse, per Porta Sud, invece, è altra (e purtroppo triste) storia, frutto delle alchimie politiche e dei rapporti contrastanti tra i contrapposti schieramenti. Porta Sud era stata presentata come una grande occasione di sviluppo della città, un polmone alternativo al centro cittadino, il quale avrebbe permesso di recuperare aree parzialmente inutilizzate, come quella dello scalo merci ferroviario, e che avrebbe creato una continuità, probabilmente anche pedonale, tra il tradizionale cuore urbano e l’area posta nell’immediato retro stazione.
     Sul progetto si è abbattuta la scure della perversa burocrazia nella sua peggior dimostrazione di illogicità e di assenza di lungimiranza, generando un vortice di prese di posizione tra le istituzioni locali, incastrate nel Piano di Governo del Territorio.

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