incessante falcidia delle librerie indipendenti e di ciò che rappresentano in sé e per le nostre comunità è una realtà il cui verso deve essere assolutamente invertito e bisogna che sia una netta inversione di matrice culturale quanto politica.
     Ribadisco, paradossalmente, l’Italia è uno dei Paesi nei quali la cultura (di ogni tipo) viene meno sostenuta e incentivata dallo Stato e dove, di contro, il relativo mercato, marcatamente quello editoriale, è divenuto una sorta di oligopolio consumistico in mano ai grandi gruppi industriali, anche in tal caso per una sostanziale mancanza d’azione da parte della politica.
     Ma, certamente, come in ogni cosa di matrice sociale, anche noi tutti possiamo, nel nostro piccolo, fare qualcosa, a cominciare dal (ri)comprendere l’importanza delle piccole librerie e, soprattutto, di quelle che sopravvivono nei centri più piccoli, difendendo la loro preziosa presenza e il valore inestimabile che rappresentano. Perché, statene certi, quando chiude una libreria, è come se si “chiudesse” un pezzo di società ovvero una parte della nostra dimensione civile umana, che poco o nulla potrà realmente sostituire.

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