“È come un tuono sotterraneo questa lotta alla mafia roboante. Un tappeto rosso di successi, di ministri che si compiacciono con i prefetti che dicono bravi ai signori questori che premiano i loro poliziotti. Si utilizzano gli esplosivi per fare saltare in aria i covi, gli aerei militari per rilevare il calore nelle tane, si ricostruiscono profili al computer, volti invisibili che invecchiano a suon di pixel. I migliori esperti vengono ingaggiati per decifrare i «pizzini», come se contenessero un codice segreto, quando spesso sono solo imbastiti di cattivo, primitivo, italiano.”
     “L’ultimo boss che hanno preso è Michele Zagaria, «Capastorta», il boss dei Casalesi. «Il tramonto di Gomorra» sarà il commento al suo arresto. È stato rovinato dallo champagne. Lui l’ordinava, e i poliziotti seguivano le bollicine. Da quell’esile traccia sono arrivati al suo bunker supertecnologico a cinquanta metri sottoterra, circondato dalle videocamere a circuito chiuso. Per farlo uscire gli hanno spento l’impianto di aerazione. Gli è mancata l’aria, è stato lui a dire agli agenti «liberatemi».”
     “Stessa sorte per Matteo Messina Denaro, l’ultimo davvero dei padrini. Verrà catturato presto, forse è già stato catturato e non lo sappiamo. È in trappola Messina Denaro. E, come lui, tutti gli altri padrini ancora in circolazione, e le confische dei beni ai mafiosi gli hanno levato l’aria.”
     “Lo senti quasi, il rantolo del prigioniero. Sentilo, come boccheggia. «Ha vinto lo Stato» ha detto Zagaria quando gli hanno messo le manette ai polsi. «Ha vinto lo Stato» ripetono in coro titoli dei tg, commentatori autorevoli, analisti.”
     “È cominciato un conto alla rovescia. Non c’è più un mafioso in giro neanche a pagarlo oro. È questione di giorni. Ogni giorno ci ripetono: è questione di giorni. Solo allora, potremo dire: la mafia non esiste. La mafia non esiste più.”
     O forse è solo una parodia, come al teatrino dei pupi.
     E forse la mafia esiste, esiste ancora, solo che è diversa.
     Non ha più delle regioni di appartenenza, si è presa l’Italia tutta.
     Non ha più i padrini di una volta: sono stati fatti fuori per limiti di età.
     Puzzavano di crasto e vino cotto.
     Erano troppo legati ai riti, ai codicilli.
     Siamo noi, i Grigi.
     Siamo quelli che hanno in mano tutto.
     Noi siamo una cosa diversa. Il sottobosco che è diventato foresta, l’ombra
     che si è mangiata la luce.
     Siamo senza colore, ancora, e senza forma.
     Siamo Cosa Grigia.

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