CORANO, LIBRO DI PACE
                                              a cura della Redazione

     È impossibile comprendere il mondo islamico e la mentalità dei musulmani senza avere almeno una certa conoscenza del Corano, libro sacro e fondamento dell’Islàm. Ma il Corano non è un testo “facile”: leggerlo tutto in una edizione integrale è un’impresa adatta solo a pochi cultori della letteratura religiosa. Ecco perché assume oggi particolare valore la pubblicazione di una importante antologia coranica, curata dall’islamologo Massimo Jevolella, che è anche un giornalista, nostro collaboratore e autore della rubrica “Viaggi e misteri”. Il libro, di 284 pagine, è appena uscito nella prestigiosa collana dei “Classici” di Urra-Apogeo, marchio editoriale milanese affiliato a Feltrinelli. Titolo: Corano, libro di pace. Sottotitolo: I brani più belli tradotti e commentati con uno sguardo interculturale. Prezzo: 25 euro. La traduzione è stata eseguita direttamente dall’arabo, con l’intenzione di una assoluta fedeltà al senso letterale e alla struttura sintattica del testo originale.
     Abbiamo chiesto perciò a Massimo Jevolella di illustrarci brevemente lo spirito di questa sua interpretazione del Corano, che egli definisce appunto “libro di pace”. Partiamo da un semplice e ovvia domanda: “perché allora noi oggi vediamo nell’Islàm soprattutto la minaccia della guerra santa, del fanatismo e del terrorismo, del velo integrale imposto alle donne, e in genere di un modo di pensare che fa a pugni con la nostra concezione della democrazia, del progresso e della laicità dello Stato?”. Lasciamo la parola a Jevolella.
     La complessità di questo problema richiederebbe addirittura l’analisi di quattordici secoli di storia: la storia dell’Islàm e dei suoi rapporti con le altre fedi, con l’Europa cristiana e con il mondo occidentale, ma per nostra fortuna abbiamo anche un modo assai valido per semplificare la questione, e per coglierne subito l’essenza. Questo modo consiste nel saper leggere i passi fondamentali del Corano con serena attenzione, al fine di cogliervi e di metterne in evidenza il significato profondo e originario. Ho detto “saper leggere”, ma sarebbe meglio dire “voler leggere”. E non è una differenza da poco, perché qui non si tratta di un puro atteggiamento intellettuale.
     Io amo moltissimo, a questo proposito, fare riferimento a un concetto che fu espresso con parole sublimi da Etty Hillesum, la giovane ebrea di Amsterdam che nell’autunno del 1943 scomparve nell’inferno di Auschwitz. Nel suo meraviglioso “Diario”, il 12 luglio 1942 Etty scrive: “Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano,

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