La porta d’ingresso era in posizione elevata, a circa quattro metri dal suolo, e l’accesso alla stessa avveniva attraverso una scala lignea esterna: al primo livello, sottostante alla porta stessa, vi era un vano quadrato di soli 2,50 metri quadrati, al quale si accedeva attraverso una botola; tali strutture, riscoperte solo nel 1902, furono definitivamente cancellate nel 1960, quando furono avviati i lavori per la costruzione del vano di alloggio dell’ascensore. La presenza di una scala in legno esterna e, probabilmente, di vari ballatoi è testimoniata da molti documenti dell’epoca, ma, nel 1838, la maggior parte di essi furono distrutti da un vento eccezionale, tanto che la torre rimase per molto tempo inaccessibile. Tracce di tali strutture sono oggi ravvisabili sui paramenti esterni e nelle due coppie di mensoloni in pietra situati sui lati nord e sud della torre, poco sotto il piano d’uso sommitale, destinati ad alloggiare una enorme trave orizzontale a sostegno del ballatoio.
     Tutte queste caratteristiche, in particolare la scarsità di aperture della torre verso l’esterno, unita all’esistenza di un vano utile all’interno, fanno supporre che la funzione dell’edificio non fosse di residenza, come era invece per molte altre torri medioevali di Bergamo, bensì puramente di rappresentanza, all’occorrenza difensiva, come suggeriscono anche molti scritti letterari e documentari del XII secolo. Per la datazione dell’edificio, gli elementi utilizzati sono la porta finestra d’ingresso, la sola non occultata da aggiunte effettuate a posteriori, la tessitura muraria e il rapporto della torre con gli altri corpi ad essa accostati, in particolare l’Hospitatum Potestatis, il Palazzo del Podestà, ad essa affiancato.
     Nel 1551, i lavori di costruzione della torre erano quasi ultimati, mancava soltanto il legname per la copertura e l’incastellatura delle campane. Venne utilizzato legno di larice, mentre un grosso quantitativo, da utilizzare per la costruzione del tetto, fu acquistato da un certo mastro Donato di Valleve, mentre le travi destinate a sorreggere le campane furono acquistate dal Morgante, il quale si recò personalmente a Milano per cercare i tronchi adatti. Inoltre, durante le festività natalizie dello stesso anno, il Morgante fece un viaggio a Venezia per studiare il funzionamento delle campane della basilica di San Marco, “perché ogni cosa si comprende assai meglio vedendola che sentendosela riferire”. Prima di essere issate in cima alla torre, il 15 febbraio 1552, le campane, pronte da tempo, furono ovviamente benedette.
     La campana maggiore, detta per consuetudine “il campanone”, ebbe tutta una seria di controversie e rifacimenti prima di essere approvata dal Comune, che

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