fatti della sua stessa pietra lavica, basaltica e bruno-rossiccia. Uniche macchie verdi, le piantine dei capperi e le pale dei fichi d'india, oltre a qualche albero di gelso, di carrubo e di fico.
     A misurarlo a spanne, il tozzo panettone neolitico appare alto non più di 6 metri, con un asse maggiore di circa 18 metri e uno minore di circa 10 metri. Un accidentato sentiero vi arriva da sud. E proprio lì, nel punto di contatto con la pietra millenaria, si presenta subito l'imboccatura di un profondo cunicolo orizzontale, alta poco più di 50 centimetri. La larghezza è sufficiente appena per consentire a un uomo di media corporatura di infilarsi a fatica, ginocchioni, nell'oscuro budello che offre confortevole ospizio a gechi, tarantole, scorpioni e altri simpatici animaletti del clima mediterraneo subtropicale.
     Meditai dunque se avventurarmi o no in quel tunnel inquietante. Naturalmente decisi di procedere verso destra, continuando il giro del sese all'aria aperta, tanto, lo sapevo già dalle relazioni degli impavidi che s'erano infilati là dentro, il claustrofobico cunicolo conduce a una sorta di piccola cripta situata nel cuore del sese. Procedendo verso destra cominciai a osservare un fatto singolare: a pochi metri di distanza, ecco una nuova porticina, che si apriva su un secondo tunnel, ma la porticina si rivelava leggermente più alta della precedente. Una ventina di centimetri, a occhio e croce. Ed ecco poi una terza porticina, alta anch'essa una ventina di centimetri più della seconda. E poi una quarta, una quinta, una sesta: tutte in regolare scala ascendente. Ma il bello doveva ancora venire: la settima porta non cresceva più! Anzi (e peccato che allora io non abbia avuto tra le mani una bindella da muratore) essa sembrava quasi calare rispetto alla sesta. Dall'ottava in poi, l'impressione si mutò in certezza: le nuove porticine si abbassavano gradatamente e nella stessa scala proporzionale secondo cui s'erano innalzate le prime sei. Fino all'ultima, la dodicesima, che segnava il ritorno ai cinquanta centimetri d'altezza dell'imboccatura di partenza. Nel frattempo, quasi senza accorgermene, ero arrivato a un passo dal tetto del sese. Sì, perché il sentiero, avvolgendosi a cornice intorno all'edificio, gradatamente sale e diventa parte dell'edificio stesso, un po' come la via a spirale che ascende lungo i fianchi del Purgatorio dantesco. O come la vertiginosa scala che s'avvolge intorno alla celebre torre conica di Samarra, nel tormentato Iràq.
     Potete immaginare la sorpresa, che a quel punto m'invase. Io non ero certo il primo che aveva contato il numero dei cunicoli, ma in nessun libro era riportata la descrizione di ciò che avevo osservato circa le variazioni della loro altezza;

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