giovani che valgono molto sul piano culturale (sono pochissimi e costano molto), respingendo meteore del mercato sopravalutate da palesi interessi di parte, di solito da gallerie che assomigliano di più ad un comitato d’affari e collegate ad un “sistema” allargato a giovani curatori privi di una propria identità culturale, quindi facilmente comprabili, riviste sempre in cerca di pubblicità per sopravvivere e direttori di museo che suggeriscono a banche e fondazioni acquisti pescando da questo serbatoio.
     I fattori tempo e qualità giocano e hanno sempre giocato in favore dell’investitore e al collezionista di qualità, che va controcorrente rispetto al mercato, ma in perfetta sintonia con la storia dell’arte.
     Certamente tutto il mondo dovrà tornare “a quote più normali”, i patrimoni, come le collezioni d’arte, si costruiscono nel tempo con incrementi annui, frutto del lavoro, del risparmio e non certamente speculando continuamente e spostando aria (fritta).
     Il valore dell’arte è proporzionale all’interesse intellettuale che suscita un’opera al collezionista e alla rarità della stessa sul mercato, tutto il resto sono giochi dai quali è meglio stare alla larga. Ora, va detto che l’arte rispetto ad ogni altra forma di investimento tradizionale permette al possessore di fruire esteticamente dell’opera e questo certamente è un valore aggiunto notevole. Geniale e dissacrante è il dito medio di Maurizio Cattelan, eretto di fronte alla Borsa di Milano, pronto a mettere a nudo e a testimoniare l’ipocrisia della nostra contemporaneità. Certamente Cattelan è il primo a riconoscere l’assurdità del sistema di cui fa parte.
     A proposito, l’ultimo significativo passaggio d’asta del geniale padovano è questo:



07/11/2011
Phillips de Pury & Company
Maurizio Cattelan
Frank and Jamie, 2002
In 3 esemplari, cera grandezza naturale


EUR 1.451.200
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